L'Università Magna Grecia ha raggiunto questo importante risultato grazie all'impegno dei dottori Saverio Nucera, Stefano Ruga, Antonio Cardamone, Anna Rita Coppoletta, Lorenza Guarnieri, Maria Caterina Zito, Francesca Bosco, Roberta Macri, Federica Scarano, Miriam Scicchitano, Jessica Maiuolo, Cristina Carresi, Rocco Mollace, Luca Cariati, Giuseppe Mazzarella, Ernesto Palma, Micaela Gliozzi e Vincenzo Musolino.
È stato pubblicato infatti sulla rivista Scientific Reports, del gruppo editoriale Nature, un lavoro scientifico dal titolo "MAFLD progression contributes to altered thalamus metabolism and brain structure" ("La progressione della steatosi epatica non alcolica associata a disfunzione metabolica contribuisce all'alterazione del metabolismo talamico e della struttura cerebrale").
Il lavoro, frutto di una importante collaborazione dei ricercatori afferenti al centro IRC-FSH, coordinato dal Prof. Vincenzo Mollace, del dipartimento di Scienze della Salute, con il Prof. Giuseppe Lucio Cascini del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, ha permesso di quantificare lo squilibrio di alcuni metaboliti cerebrali, i cui livelli risultano influenzati dalla progressione della steatoepatite, utilizzando un modello murino di steatosi epatica non alcolica associata a disfunzione metabolica (MAFLD), avvalendosi di innovative
tecniche di risonanza magnetica.
La steatoepatite rappresenta lo stadio avanzato della steatosi (comunemente conosciuta come fegato grasso), che colpisce il 20-40% degli adulti italiani. Questa condizione patologica si correla con una serie di disfunzioni sistemiche che includono un aumento di peso e glicemia a digiuno, livelli anormali di insulina a digiuno, aumento della biosintesi dei lipidi nel fegato, elevati livelli di acidi grassi circolanti e intolleranza al glucosio. In tali condizioni, l'assunzione cronica di una dieta ricca in grassi e carboidrati contribuisce ad indurre infiammazione e danno ossidativo principalmente al microcircolo epatico. Nello studio appena pubblicato, questa disfunzione è risultata più generalizzata, coinvolgendo non solo il fegato ma anche altri organi, come il cervello.
I risultati raggiunti potrebbero chiarire meccanismi neuro-infiammatori comuni con altre patologie come la sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer.
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