di M. CLAUDIA CONIDI*
Un altro collaboratore di giustizia morto suicida. Per chi suona la campana? Stavolta è suonata proprio per lui- Sandro Campana Stavolta a togliersi la vita (?) è un collaboratore della S.C.U. , la malavita pugliese. Il punto interrogativo non è un errore non voluto. Pare soffrisse di depressione ed era agli arresti domiciliari in località protetta.
Il dramma della solitudine in cui versano i collaboratori di giustizia è uno dei tanti nei quali la categoria langue, rimessa a sé stessa per qualsivoglia esigenza o necessità. A pagarne le spese sono i familiari e quando, come nel caso specifico non ci sono, a soccombere coi nervi sono soltanto loro. Le pecore nere, “infami” ,i poveri diavoli che per sopravvivere, ed è questa l’assurdità, si mettono nelle mani dello Stato e collaborano con la giustizia. Dovrebbero assisterli anche con aiuti psicologici, specialmente quando sono a rischio, in quanto affetti da depressione conclamata.
E invece restano abbandonati a sé stessi. Non è il primo caso che mi capita. Quando escono fuori questi casi eclatanti , fanno notizia, almeno per un giorno. Ciò accade perché evidentemente sono stati “scoperti” e fanno scalpore. Ma molti restano nel limbo dell’incognito, del sospetto o del mero dubbio. Personalmente credo sia una sconfitta da parte dello Stato annoverare l’ennesimo decesso di chi allo stesso si era consegnato, fiducioso di intraprendere una “nuova vita”!
E’ una realtà squallida, triste, che va cambiata. Troppe testimonianze ormai denunciano un malessere generalizzato da parte di questa gente che, se pur in passato ha sbagliato con la collettività, ledendo diritti e compiendo crimini efferati, ha comunque riscattato un passato dolente, in forza di una scelta operosa e improntata al recupero di verità importanti se non eccellenti per la magistratura e dunque per l’intero Stato, se di collaboratori di giustizia parliamo. Se poi pensiamo ai testimoni di giustizia ,loro ,non hanno se non un credito netto nei confronti dello Stato,sotto ogni profilo.
Sono infatti gente che ci ha rimesso a tutti i livelli, economico, di vita, di affetti. E pure sono considerati al pari di merce in scadenza, li si accontenta col minimo ,negando loro anche quello che avrebbero diritto a percepire sulla carta. Mi riferisco alle cosiddette “capitalizzazioni” ,ovvero una sorta di buonuscita che viene destinata ai collaboratori e a i testimoni di giustizia, prima di abbandonare il sistema di protezione. La fuoriuscita dal programma economico ,infatti, implica l’attribuzione in un’unica soluzione di una somma pari a un toto numero di anni di percezione del contributo (in genere due)versato sino a quel momento al nucleo protetto.
In pratica quando queste persone non servono più allo Stato perché sono stati ormai celebrati i processi in cui costoro comparivano in veste di dichiaranti, testimoni o chiamanti in correità, sono costrette a richiedere una fuoriuscita, previa sottoposizione di un c.d. “progetto – vita” , affinché possano reinvestire la somma ottenuta in un disegno di natura economica, Sono elargizioni di danaro con vincolo di scopo, improntate al reinserimento sociale di tali persone che, ovviamente, non possono essere ,come è giusto che sia, stipendiate a vita.
Sottomano ho alcune persone che rischiano di fare la fine del Campana, in quanto per le ragioni più varie e disparate , rappresentate di volta in volta da chi li gestisce, le somme pur loro destinate con delibere ad hoc, vengono poi ritardate nella loro attribuzione ai legittimi destinatari se non negate loro nel loro esatto ammontare, con conseguenze gravissime-
Gente che perde caparre versate per l’acquisto di immobili oggetto di una futura compravendita per la quale era stata rivolta la richiesta di capitalizzazione e che nel tempo subiscono invece detrazioni, variazioni, trattenute non meglio specificate, in forza di presunti debiti non facilmente tracciabili, anzi per nulla sindacabili-
E’ ciò che ho denunciato in un mio scritto in proposito di questo “mondo invisibile” che non è proprio quello di chi non appare perché è troppo importante, ma perché non lo è affatto, non per lo Stato che pure li sfrutta, ma per sé stesso.
Non va bene. Non si possono accettare simili realtà. Io ,da parte mia ,non mi limito ad osservarle ,a indignarmi, ma cerco di combatterle a colpi di raccomandate, rimaste senza risposta ,denunce degli aventi diritto, scritti. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E qui mi sa tanto che sono allergici neanche agli apparecchi acustici!
*avvocato
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