Un monumento alla memoria del Carabiniere Renato Lio, il figlio Alfredo: "Il suo sacrificio non sia vano" (VIDEO)

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images Un monumento alla memoria del Carabiniere Renato Lio, il figlio Alfredo: "Il suo sacrificio non sia vano" (VIDEO)
Cerimonia carabiniere ucciso a Soverato
  15 settembre 2020 23:12

È stata piena di significato la testimonianza di uno dei figli dell’appuntato Renato Lio, ucciso il 20 agosto 1991 in servizio ad un posto di blocco. Una commemorazione commovente. “Come famiglia – ha asserito Alfredo Lio - abbiamo voluto fortemente questa cerimonia e siamo felici della disponibilità delle Istituzioni, a partire dal Comune di Soverato e dall’Arma dei Carabinieri. A me piace citare oggi la frase di Alvaro, che può ispirare opportune riflessioni: ‘La disperazione più grande che possa impossessarsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile’. Che il sacrificio di mio padre e di chi ci ha preceduti – ha concluso il figlio dell’appuntato Lio – non sia vano”.

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Il 20 agosto 1991, intorno alle ore 02:30, a Soverato, località “Russomanno”, durante un servizio di perlustrazione, la pattuglia del Nucleo Radiomobile del Comando Carabinieri di Soverato, composta dagli appuntati Renato Lio e Francesco Baita, procedeva al controllo di un’autovettura con a bordo tre persone che era giunta a velocità elevata. Le stesse venivano accostate ad un muro di contenimento posto, ai margini della strada, per essere perquisite. L’appuntato Baita, via radio, controllava i documenti del pericoloso pregiudicato Massimiliano Sestito e proseguiva con l’identificazione degli altri.

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L’appuntato Lio perquisiva, invece, l’autovettura e quando si chinava per controllare la parte sottostante del sedile anteriore destro, Sestito si voltava repentinamente e, dopo aver spinto il graduato, si impossessava di una pistola occultata sotto il sedile. L’appuntato Lio, perciò, con determinazione, affrontava Sestito, con cui ingaggiava una furiosa quanto mai drammatica colluttazione. A brucia pelo, il malvivente gli esplodeva contro tre colpi di pistola. Continuando a fronteggiarlo, sino a quando, stremato, si accasciava per terra.

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Intanto, Sestito apriva il fuoco contro l’appuntato Baita che, nel frattempo, si era posizionato al centro della strada per rispondere con l’arma in dotazione. Sestito, finite le munizioni, si impossessava della pistola dell’appuntato Lio, steso per terra e riprendeva a sparare contro l’appuntato Baita. Il malfattore, incalzando, raggiungeva l’autoradio, si impadroniva di una pistola mitragliatrice e, risalito sulla propria macchina, insieme agli altri due suoi amici, ripartiva a velocità elevata, in retromarcia, dirigendosi al vicino bivio per immettersi sulla Strada Statale. Intanto, per Lio, soccorso da Baita, risultava inutile la corsa in ospedale.

Una massiccia caccia all’uomo, paesi presi d’assedio, per stringere il cerchio sull’assassino del graduato dell’Arma. Intanto, i due complici, i cugini Grattà, incensurati, si costituivano ai Carabinieri. Dimostreranno l’estraneità per l’omicidio del militare, collaborando col magistrato inquirente. In seguito, verranno pure recuperate le armi sottratte da Sestito e la pistola, una calibro 7.65, usata dallo stesso per uccidere Lio. L’omicidio di Renato Lio, appuntato dei Carabinieri, rappresentava l’ennesimo tributo di vite pagato dall’Arma nella lotta alla criminalità organizzata sul fronte calabrese. 

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