Il passato, il presente , il futuro sono tre momenti importanti nella vita di una società civile. Chi è custode del passato storico non deve farne un bene proprio ma divulgarlo e metterlo a confronto con il presente che è patrimonio di tutti. Chi vive il presente deve trovare il filo conduttore per proiettarsi nel futuro. E’ questo il senso del “viaggio” in un paradigma sociale- la Sanità calabrese- che farà per noi il dott.. Lino Puzzonia, oncologo di lunga esperienza, attento osservatore politico dei fenomeni della democrazia che si susseguono nella nostra realtà territoriale.(enzo cosentino)
LA SANITA’ PUBBLICA IN CALABRIA: Ricordi del passato e una proposta-manifesto per il futuro.
Premessa
Raccolgo molto volentieri la disponibilità de La Nuova Calabria e del suo Direttore l’amico Enzo Cosentino per provare a mettere assieme, in una serie di scritti più o meno settimanali, il ricordo delle tante vicende che hanno caratterizzato, purtroppo spesso negativamente, la sanità pubblica calabrese fino alla situazione quasi tragica cui siamo giunti in questi mesi.
Si tratta perlopiù di materiale già pubblicato sul web e sulla carta stampata in questi ultimi anni che proverò a mettere in ordine se non sempre cronologicamente almeno logicamente creando ex novo dei raccordi che rendano comprensibile il racconto.
Si tratta di uno sforzo dedicato ai calabresi, a mio avviso, continuamente traditi sul terreno della sanità pubblica, dai loro politici incapaci di comprendere che proprio su questo terreno così delicato e importante per tutti si può e si deve competere con il buon governo e non con la demagogia e il campanile.
Introduzione e contesto storico
Il Servizio sanitario nazionale (SSN) istituito nel 1978 con la legge Anselmi del 12 Dicembre è stato il punto di approdo di un lunghissimo processo nazionale e continentale sul terreno della difesa della salute. Esso rappresenta l’attuazione dell’art. 32 della costituzione repubblicana che stabilisce come la salute sia un prevalente interesse collettivo.
La malattia era stata nei secoli un fatto privato tra il paziente ed il suo medico ove potesse permetterselo. Dopo qualche tentativo di determinare un intervento collettivo sulla problematica (nascita della Croce Rossa internazionale dopo la battaglia di Solferino del 1859) limitato tuttavia alle vicende belliche e alle grandi catastrofi, è nella seconda metà del secolo XIX che si avvia una attività finalizzata all’assicurazione contro la malattia.
Curiosamente tale decisivo evento progressista ebbe come primum movens uno degli uomini più reazionari dell’ottocento, il cancelliere tedesco Otto von Bismark, il quale, al chiaro intento di contenimento sociale in epoca di un grande sviluppo dell’industria tedesca ed europea, sancì la nascita di società di assicurazione per la malattia in forma di mutua solidarietà all’interno delle varie categorie di lavoratori. L’idea si diffonde abbastanza rapidamente in tutta Europa a macchia di leopardo e con evidente prevalenza delle zone più industrializzate (Belgio, Olanda, alcune regioni francesi). Nel neonato Regno d’Italia, nel quale l’industrializzazione arranca, l’evento significativo è costituito, nel 1888, falla promulgazione della legge Crispi che obbliga le province e i comuni singoli o associati a istituire e finanziare la presenza di un medico in ogni territorio con l’obbligo di risiedervi e il compito di assistere gli indigenti. Si tratta della nascita del medico condotto figura fondamentale della sanità pubblica in Italia e che durerà quasi per un secolo.
Tale situazione permane sostanzialmente immutata nel tempo mentre la nascita dei primi ospedali è affidata sostanzialmente alle opere caritatevoli perlopiù di natura religiosa.
Un altro momento fondamentale si ha nel 1940 quando il regime fascista, avviato alla rovina propria e dell’Italia nella seconda guerra mondiale, fonda una società di assicurazione contro le malattie di operai e contadini denominata INFAM e che dopo la fine della guerra si chiamerà INAM (Istituto nazionale assistenza malattie).
Gli eventi del dopoguerra porta in tempi molto rapidi alla nascita di moltissimi Enti, molto simili all’INAM, con il compito di assistere le varie categorie dei lavoratori. Si tratta di Enti di diritto pubblico teoricamente finanziati con il contributo obbligatorio versato dai lavoratori stessi appartenenti alle varie categorie. Si tratta delle storiche mutue, rese famose negli anni sessanta da una fortunata serie cinematografica con Alberto Sordi.
Si trattava di un sistema sostanzialmente simile che garantiva l’assistenza di base, quella farmaceutica, quella specialistica e quella ospedaliera. Esso comportava tuttavia diversi problemi. Intanto il sistema era riservato solo ai lavoratori e alle loro famiglie, non era omogeneo perché la copertura assicurativa era spesso notevolmente diversa tra i vari Enti, l’erogazione delle prestazioni era assicurata direttamente ma più spesso indirettamente e via discorrendo.
Comune a tutti fu pero progressivamente negli anni il fatto che il bilancio di quasi tutti questi Enti si rivelasse pressoché regolarmente in deficit e che lo Stato dovesse intervenire a sanarli ogni anno a piè di lista.
Nel frattempo, a partire dai primi anni del dopoguerra, in Gran Bretagna veniva delineato e realizzato un nuovo sistema di welfare a cura dell’economista sir William Beveridge. Il nuovo sistema denominato Health National Service differiva dai sistemi bismarkiani per due fondamentali motivi: applicazione del principio del diritto alla salute del cittadino e non solo del lavoratore e affermazione dello Stato non solo come pagatore ma anche come erogatore dei servizi.
Intanto In Italia alcune grandi modificazioni cominciavano a realizzarsi per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera. Dopo diversi interventi legislativi parziali nel 1968 la legge che porta il nome dell’allora ministro della sanità Mariotti sancì in via definitiva che tutti gli ospedali non privati diventassero degli Enti pubblici di valenza provinciale o regionale diretti da un Consiglio di Amministrazione e che erogassero le prestazioni in convenzione con gli Enti mutualistici.
Da questo momento si innesca il decennio d’oro della sanità pubblica italiana. Sulla spinta delle lotte operaie e studentesche degli anni settanta e con il contributo fondamentale sul piano ideale culturale e scientifico di personaggi come Alessandro Seppilli, Giulio A. Maccacaro, Giovanni Berlinguer, per ricordarne solo alcuni, e il contributo politico dell’allora ministro Tina Anselmi si giunse alla fine del 1978 con la Riforma sanitaria all’ istituzione del SSN in linea di massima simile a quello esistente in Gran Bretagna. Un sistema altrettanto simile è stato negli anni successivi determinato anche in Spagna.
In Italia si realizzava forse il più significativo sistema sanitario del mondo, specialmente in relazione alla grande popolazione del paese, sia per l’ampiezza delle prestazioni garantite (di prevenzione, cura e riabilitazione) sia per quantità di popolazione coperta (il cento per cento oltre agli stranier presenti nel territorio della Repubblica.
Il sistema aveva due caratteristiche fondamentali: la prima quella di essere basato su quattro principi fondamentali
Universalismo: Estensione della protezione assicurativa con un grado di copertura totale della popolazione
Globalità: Estensione della gratuità della protezione assicurativa ad un numero sempre più grande di prestazioni con un grado di copertura molto elevato dei rischi di malattia
Equità: Ampia accessibilità ai servizi sanitari e al trattamento a parità di bisogni
Solidarietà: Sostegno degli oneri finanziari in rapporto alle proprie possibilità da parte di tutti (Ricchi e poveri; sani e malati) e quindi finanziamento da parte della fiscalità generale
Diversi anni più tardi se ne aggiungeranno due altri:
Economicità: Contenimento della spesa sanitaria complessiva entro limiti predeterminati dai vincoli finanziari generali
Appropriatezza: Dimostrata efficacia clinica
La seconda caratteristica era quella del decentramento. Lo stato si riservava alcune questioni di carattere molto generale (come il Piano sanitario nazionale e, in seguito la determinazione del Fondo sanitario nazionale) ma tutte le attività programmatorie e operative erano delegate alle regioni.
In questo mezzo secolo il SSN è stato oggetto di studio e di valutazione da parte di tutto il mondo e malgrado alcuni cedimenti degli ultimi anni e dei tempi, temo peggiore, che si adombrano all’orizzonte e che forse non tarderanno a venire, esso garantisce una assistenza sanitaria molto efficiente ad oltre due terzi della popolazione italiana.
E’ allora veramente difficile dover amaramente constatare, come cittadini dello stesso grande paese democratico godano, per grande parte, di uno dei sistemi sanitari pubblici più avanzati del mondo e in parte minore, ma comunque costituita da milioni di cittadini, si viva una situazione nella quale solo le risorse private possono garantire il pieno diritto alla salute costituzionalmente garantito.
Il divario, sul terreno della difesa della salute tra il mezzogiorno e il centro Nord del paese non è mai stato tanto grande come negli ultimi anni. In Calabria poi il problema ha assunto aspetti drammatici. Ormai, nel pieno del XXI secolo, dobbiamo amaramente constatare, senza alcuna retorica, e prendere atto che in Calabria si muore ancora di classe (Giulio Maccacaro avrebbe detto come sulla tragica tolda del Titanic) o almeno di censo.
Cercheremo da qui in avanti a capire perché.
Lino Puzzonia
1-continua
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