di ELENA BOVA
La vicenda dell’istituzione di una seconda facoltà di Medicina presso l’Università di Cosenza chiama in causa in prima persona il Presidente della Regione Roberto Occhiuto anche in quanto Commissario alla Sanità. La sua nomina e la proroga del Decreto Calabria che gli attribuisce pieni poteri sono un’occasione irripetibile per cambiare il corso del servizio sanitario nella nostra Regione. Almeno, dovrebbe esserlo. Dopo anni di piani di rientro, blocco delle assunzioni, assenza di investimenti per rendere attrattive le nostre strutture e ridurre l’emigrazione sanitaria, era la volta buona per programmare e costruire un sistema senza il quale la sanità è ingovernabile. In Calabria l’ultimo Piano Sanitario risale alla fine degli anni 90.
Soprattutto le facoltà di Medicina sono al centro di unprogramma dei servizi sanitari regionali, ed allora non si può dichiarare, come ha fatto il Presidente, che in Calabria 1.900.000 abitanti sono molti per una sola facoltà di medicina quando in Italia il parametro è 3.000.000 di abitanti e la Calabria sud ha la facoltà di Messina di fronte e quella di Salerno a due ore di auto daCosenza. La popolazione calabrese è poi sempre più vecchia per la curva della natalità sempre più in basso e la facoltà di medicina della Magna Graecia ha già tra la popolazione studentesca molti ragazzi di altre regioni d’Italia. Il bilancio della sanità regionale non può sopportare due Università con due policlinici, perché tra qualche anno non avremo le risorse per mantenerli e non avremo invece investito in alta tecnologia come dovremmo fare per la nostra facoltà per renderla competitiva ed attrattiva non solo per la Calabria.
La proroga del Decreto Calabria obbliga la Regione agarantire i L.E.A. come previsto dall’art.117 della Costituzione, dota il Commissario di un numeroso staff per affiancare il personale del Dipartimento e il potere di sostituzione dei Commissari delle Aziende Ospedaliere e Sanitarie. Non ci saranno più alibi se la sanità nella nostra regione non inverte la rotta. Si può, e si deve, ridisegnare la sanità in Calabria: gli ospedali da riconvertire o da chiudere perché pericolosi, (tenuti in vita, quelli si, da guerre di campanile), la medicina territoriale da potenziare in strutture e tecnologia, la rete dell’emergenza urgenza al cui personale dovrebbero essere assegnate risorse economiche e mezzi. Le case di comunità e gli ospedali di comunità finanziati dal PNRR sono scomparsi dalle scelte da compiere con i relativi progetti fin quando sarà troppo tardi perché avremo perso i finanziamenti.
Bisognerebbe avere una visione sulla sanità che il Presidente Occhiuto non sta mostrando di avere. Però si assumono i medici cubani per lavorare in ospedali che forse andrebbero chiusi o riconvertiti, si chiudono tutti i centri vaccinali per il covid senza aver creato prima le condizioni perché i MMG oppure le farmacie effettuino la vaccinazione, si ripropone une convenzione con il Bambin Gesù già sperimentata anni fa con effetti assolutamente negativi.
Questa vicenda che ci auguriamo venga risolta con i ricorsi al Tar presentati dall’Amministrazione Comunaledi Catanzaro e la grande condivisione della cittadinanza,ha anche una seconda chiave di lettura: la crisi dei partiti in Calabria. Mai sino ad oggi era accaduto che partiti con una rappresentanza nazionale al governo o all’opposizione si dividessero su questioni cosi importanti per una regione a seconda se eletti a Catanzaro o a Cosenza senza riuscire a dire agli elettori tutti come la pensano e come sarebbe giusto che sia. Con nostalgia dobbiamo ammettere che I partiti degli eletti hanno ormai sostituito i partiti politici che avevamo conosciuto.
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