di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
Sempre molto preoccupato il presidente del Catanzaro Floriano Noto per la crisi che investirà il nostro Paese e che non risparmierà certo il mondo del calcio. Stamattina, l’industriale calabrese, operante nella grande distribuzione alimentare, ha parlato sulle colonne di Tuttosport: "Proiettarsi nel futuro diventa un esercizio ancora più difficile e assolutamente complicato. Il Coronavirus ha innescato non solo una problematica drammatica a livello sanitario ma pure economico".
Poi ha detto: "Inutile nascondere il fatto che il nostro traguardo è quello di salire in serie B e assestarci nel campionato cadetto ma questo era l’obiettivo di partenza. Dal punto di vista sportivo non cambia nulla – ha osservato il patron delle Aquile - ma è evidente che dovremo fare i conti con ciò che comporterà la pandemia a livello di riverbero anche economico. Al momento non sappiamo se e quando riprenderà il campionato, se in maniera tradizionale o con playoff e playout, ammesso che si possa ricominciare".
E ha spiegato meglio: "Io sono stato presidente degli industriali e posso dire che nel Mezzogiorno la crisi si farà sentire in maniera diversa e più profonda anche perché la struttura del Nord imprenditoriale è differente. La stima della Confcommercio è che chiuderanno il 50% dei negozi in Meridione dove si prevede la chiusura del 30% delle industrie. La nostra azienda di supermercati vive di consumi che sono legati al reddito delle famiglie. Se questo viene meno non è difficile immaginare dove si va a finire. Quindi siamo comprensibilmente preoccupati. Il calcio dovrà ritirarsi e darsi una regolata con un complessivo ribasso degli investimenti".
Dichiarazioni che fanno il paio con quelle rilasciate lo scorso 13 marzo sulle colonne de Il Calcio calabrese quando ancora le cose non erano del tutto precipitate: "Si sta anche ragionando su una serie di cose tra cui l’eventualità che parecchie squadre l’anno prossimo non si iscriveranno al campionato. D’altra parte, l’incasso dello stadio è nulla rispetto ai posti. Rappresenta una minima percentuale. Il grosso è tutto sulle spalle dei presidenti e degli sponsor. So per certo che parecchie squadre di B sono in crisi. La C quasi tutta. C’è una situazione drammatica. Il calcio è un’azienda – aveva sottolineato - e siccome moriranno parecchie aziende a causa di questa crisi dettata dal Coronavirus, molte squadre non si iscriveranno, e molte altre ridimensioneranno i progetti".
A distanza di quasi un mese da quelle dichiarazioni molto lucide sembra davvero cambiato poco in Italia. Anzi, il numero dei morti e dei contagiati rende la situazione drammatica. L’epidemia del Covid-19 si è trasformata in pandemia e il mondo attende un vaccino che possa sconfiggere questo virus.
Il calcio è fermo al palo e la governance del pallone non sa cosa fare. Tante le proposte sul tavolo ma ancora nessuna decisione. C’è chi invoca la fine e chi spera di poter ripartire anche in estate. Il rischio di compromettere anche la stagione prossima è concreto e si fa sempre più largo tra gli addetti ai lavori l’ipotesi che questa stagione, o in un modo o in una l’altro, sia ormai compromessa. A questo punto, non resta che decidere come chiuderla.
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