di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
Beh, se c’è un’annata tutta da raccontare quella è senza dubbio la stagione di Giorgio Corona. Il 2004 è l’anno della serie B. Del ritorno tra i cadetti dopo 14 anni di purgatorio.
Talento, classe, magie, dribbling segnano momenti irripetibili per una tifoseria provata da tante delusioni e cambi societari! Sembra un sogno! Corona utilizza gli avversari come battimuro per improbabili triangolazioni, nasconde la palla anche al pubblico, per poi farla riapparire quando ormai per i difensori non c’è più nulla da fare. Si ha la sensazione di avere di fronte un giocatore troppo più forte degli altri che calcia a volo da ogni posizione.
Va detto pure che in panchina c’è un mago come Piero Braglia che sa come mettere in campo una squadra costruita da zero, nell’anno di Poggi e Parente. Insomma, sul campo tutto bene. La gente sembra impazzita.
La “Curva Massimo Capraro” osserva una squadra che prende forma, ma dopo le prime uscite intuisce che finalmente è arrivato un vero attaccante che può fare la differenza. E così è. Un gol dopo l’altro Giorgio Corona infiamma la tifoseria e mette le cose in chiaro.
Qualcuno da lassù sa di cosa parlo quando si canticchia, “perché tu sei, perché tu sei, perchè tu sei Giorgio Corona… e tu ne hai fatti nu miliona… un ritornello ipnotico, spontaneo, che descrive al meglio l’euforia che montava partita dopo partita.
Pezzo di alta classe il primo gol di Foggia, ma soprattutto il secondo, dopo il momentaneo pareggio dei rossoneri che irritò il numero 9. Palla a centro, e il bomber che fa tutto da solo. Prende la sfera e inizia a dribblare i pugliesi in una serpentina ubriacante, ostentando una fluente chioma e un calzoncino destro bloccato nello slip. Entra in area e viene atterrato. Rigore. La rete è una formalità.
L’arrivo dell’attaccante palermitano prelevato dal duo Improta-Lo Giudice sconvolge i piani di tutti e lentamente spiana la strada ad un Catanzaro forte, compatto e soprattutto motivato. Spinto da un pubblico meraviglioso che intuisce l’anno di grazia e non fa mancare il suo apporto.
Trasferte oceaniche e "cattive consuetudini" La tifoseria organizzata si fa trovare pronta all’appuntamento, realizzando trasferte oceaniche e irripetibili. Un’occasione unica per ribadire la propria grandezza, ma che finì per degenerare in “cattive consuetudini” lontane dalle logiche tradizionali.
Quella meravigliosa stagione va ricordata anche per questo!
La macchina organizzativa della Curva, sotto l’egida degli Uc ‘73, ormai collaudata e pronta a garantire colore, grande seguito, tifo e quant’altro, non conosce ostacoli. Tuttavia, spesso finì per travolgere i principi della "mentalità" fondata sul rispetto della militanza e sulla condivisione.
Scelte forzate da parte di chi riteneva che bisognava fare “così e basta” provocarono tensioni e malumori.
Quella stagione fu anche questo: una gestione complessiva del gruppo "molto discutibile" che riguardava l'organizzazione delle trasferte, i biglietti, i contributi esterni, il materiale e quant'altro che producevano flussi di denaro, la cui provenienza e destinazione si potevano "solo intuire".
Un bel giro di interessi che cresceva man mano che la squadra macinava risultati. Malgrado i mugugni, i malumori le ripetute richieste di spiegazioni da parte di "noti militanti", chi organizzava non diede mai risposta e andò avanti senza scrupoli.
La fine di una “convivenza” E così arriva la fine di una vecchia convivenza in un gruppo che fino ad allora aveva resistito a tutto. Lo strappo fu inevitabile. Riemersero vecchi contrasti sopiti, ma in più di un’occasione la “vecchia amicizia”, e la lunga militanza, fianco a fianco, evitarono la rottura degli argini.
Va detto pure che, fin dagli anni Novanta, una nota rappresentanza del gruppo cercò di contrastare certe derive autoritarie, ma fu volutamente osteggiata e tenuta ai margini non solo dall’interno. La mancata presa di posizione di "vecchi militanti" non passò inosservata e ancora oggi richiede un esame di coscienza collettivo.
E' altrettanto vero che molti non presero posizione per comodità, pigrizia, ambiguità, ma anche per indifferenza. Così, il gruppo lentamente ma inesorabilmente cambiò impostazione e fu sempre più condizionato e appiattito da scelte spesso singolari che in fondo scontentavano tutti.
E' altrettanto vero che mancarono la coesione, la spinta decisiva, i numeri per cambiare il corso della storia.
Il 2004, dunque, nella stagione delle grandi carovane, dei pienoni e dei successi fu anche questo, ma il campanello d’allarme suonava da tempo.
Solo dopo si comprese il danno che il “lasciar fare” comportò all’intero movimento e all'immagine del gruppo: sfiducia, malumore, delusione, perdita di credibilità.
Quel gruppo per certi versi “mitico” e intransigente che si affermò negli anni Novanta, sui campi polverosi della C2, dove seguire le Aquile era una questione di pochi “sognatori”, d’un tratto diventa “ figo”, “attrattivo”, di “massa”, e “certa gente” dunque non serviva più!
Una questione di dignità Prendere le distanze per alcuni divenne una questione di dignità. Nessuna aspirazione di comando, nessun complotto. Solo ed esclusivamente il rifiuto di un modo di fare inaccettabile verso chi “indistintamente” ha lottato con amore, abnegazione, onestà dietro quella pezza.
Solo ed esclusivamente per un simbolo. Per il gruppo. Sacrificando vite personali e opportunità di lavoro. Tutto questo non rendeva onore a chi si è dato con generosità, e spesso ha pagato e continua a pagare senza alcun tornaconto personale.
Non nacque alcun gruppo Nessuno di questi rinnegò e/o andò in contrapposizione. Troppo grande l’attaccamento a quello striscione. Troppi ricordi e anche tanto affetto verso chi “non sempre corrispondeva”.
Ma la dignità andava salvaguardata e non era più possibile per alcuni stare su quella barca che viaggiava per conto proprio.
Pesaro La goccia che fece traboccare il vaso fu la trasferta di Pesaro dell’11 gennaio. Per la prima volta, chi poi deciderà di andar via, si sentì davvero fuori posto a “casa propria”... e a quel punto il passo fu automatico.
Dalla trasferta successiva, Benevento, un piccolo drappello partì per conto proprio lasciando per sempre il pullman e quei momenti fantastici degli anni precedenti. Fu un segnale importante.
La bevuta collettiva Indimenticabile la sbronza collettiva al City bar, la notte prima della trasferta, in un doloroso commiato. E c’era chi, quasi incredulo, depennava alcuni nomi dalla lista storica del pullman, praticamente in copia da circa 10 anni.
Il giorno successivo, una gruppetto di “dissidenti” raggiunse la Campania. Ma fu tutta un’altra cosa! Sarebbe sciocco negare l’amarezza e il rammarico di chi si staccò, ma non ci fu davvero altra soluzione.Iniziava una nuova esperienza di curva, nella consapevolezza delle difficoltà a cui si andava incontro ma distanti da una realtà molto diversa da quella degli anni precedenti
Qualche tempo dopo, un’altra frangia di militanti abbandonò il gruppo.
Giovani e giovanissimi molto arditi che avevano preso le mosse dai più grandi, ma in particolare da quelli che furono i principali protagonisti di questa inevitabile decisione.
Alla fine, tra assidui, saltuari e fuori sede, furono circa una ventina i militanti che lasciarono gli Uc ‘73. A cui vanno sommati tutti quelli che negli anni precedenti avevano già preso le distanze, e chi poi solidarizzò anche solo idealmente.
Quell’addio rappresentò un delicato passaggio per il movimento e una ferita che ancora oggi, a distanza di 16 anni, provoca qualche fastidio.
Il tempo aprì gli occhi… Molto dopo si capì ad esempio che la "politica" fu uno strumento per dividere e creare sospetto, diffidenza. E c’era chi, sotto sotto, godeva, chi si accontentava di “poco” per stare zitto. Ma anche chi ingoiava amaro, ma preferiva tacere, pur di non dare soddisfazione a quelli che poi furono definiti “i dissidenti”, il cui credo politico che accomunava alcuni di essi, “stonava” a prescindere.
Negli anni seguenti la storia dimostrò tante cose… riservando le giuste sorprese a chi, nel corso degli anni, non risparmiò campagne denigratorie e non solo… verso chi non si "allineava"!
Il tempo come sempre è galantuomo!
Il movimento andò via via mutando cercando di tornare alle origini con un grande lavoro di riabilitazione.
Un impegno mirato al recupero di certi valori e di una dimensione collettiva che non sempre trova conferma. Attraversando nuovi scenari, un complicato ricambio generazionale sostenuto da numerosi militanti dell’epoca!
Ma quella pagina di curva non si può dimenticare.
La stagione calcistica 2004 fu a dir poco spettacolare, con i 15mila di Chieti e la commozione di un’intera città che ancora oggi riempie il cuore di gioia.
Quell’amara separazione amplificò le distanze e nel corso degli anni creò ulteriori tensioni.
I “fatti di Arezzo” prima, e “quelli di Firenze” dopo, furono la mazzata finale. Numerosi militanti non videro mai la serie B.
Quel campionato incredibile fatto di grandi soddisfazioni e coronato da una meritata promozione fu un dono divino e resta nei cuori di tutti.
Tuttavia, ridefinì per sempre rapporti personali e vite da stadio!
Il 2004 fu anche questo!
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