La procura della Repubblica di Catanzaro ha chiuso le indagini nei confronti di Francesco Galati e Giuseppina Taverniti, accusati di usura ai danni di un commerciante di Guardavalle. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino.
Da quanto emerge dalle indagini che racchiudono i fatti in una cornice temporale che va dal 2016 al 2019 e dell'ordinanza del Giudice dell'udienza preliminare che ha disposto il carcere per Galati (detto "Il fascista") e i domiciliari per Taverniti, la coppia avrebbe ricevuto non solo denaro ma anche bracciali, collane, cornici.
Gioielli che le vittime dispongono per l'attività lavorativa (poi costretta a chiudere a causa dei passivi) e che in alcuni casi sono stati costretti a vendere per poter saldare i debiti.
Perché dall'altra parte c'erano minacce aggravate dal metodo mafioso, o almeno così vengono descritte dagli inquirenti che raccontano come Galati in passato fosse stato vicino alla cosca Gallace.
A giugno 2018, le parole diventano più pesanti e al centro delle intimidazioni ci vanno a finire il figlio delle vittime, un'attività commerciale di loro proprietà e di cui si sarebbero impossessati e ancora i gioielli.
E' l'otto maggio quando la Procura di Catanzaro notifica ai due un'ordinanza di custodia cautelare: Galati finisce in carcere, Taverniti ai domiciliari ma a metà giugno il Tdl revoca i domiciliari alla donna, annullando le accuse relativamente ai reati di usura e ad una delle due ipotesi di estorsione
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