Usura ed estorsione a Guardavalle ai danni di due commercianti: la Procura chiede tre condanne (I NOMI)

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images Usura ed estorsione a Guardavalle ai danni di due commercianti: la Procura chiede tre condanne (I NOMI)

  04 dicembre 2020 12:00

di EDOARDO CORASANITI

Tre imputati e tre richieste di pena nel rito abbreviato del processo per usura ed estorsione a Guardavalle ai danni di una coppia di commercianti: la Procura di Catanzaro ha chiesto la condanna a 14 anni per i coniugi Francesco Galati, 43 anni, 9 anni per Giuseppina Taverniti, 40 anni. Chiesta la condanna a 2 anni e 8 mesi per Angelo Gagliardi; avrebbe accompagnato Galati in un'occasione ma che secondo il Gip era all'oscuro delle conversazioni minatorie.

Prossima udienza il 3 febbraio quando le difese di Galati (assistito dagli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino), Taverniti (avvocati Staiano e Cicino) e Gagliardi (difeso da Cicino), potranno replicare e portare all'attenzione del giudice le loro argomentazioni.


LE ACCUSE- Da quanto emerge dalle indagini che racchiudono i fatti in una cornice temporale che va dal 2016 al 2019 e dell'ordinanza del Giudice dell'udienza preliminare che a maggio scorso ha disposto il carcere per Galati (detto "Il fascista") e i domiciliari per Taverniti, la coppia avrebbe ricevuto non solo denaro ma anche bracciali, collane, cornici. 

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Gioielli che le vittime dispongono per l'attività lavorativa (poi costretta a chiudere a causa dei passivi) e che in alcuni casi sono stati costretti a vendere per poter saldare i debiti. 
Perché dall'altra parte c'erano minacce aggravate dal metodo mafioso, o almeno così vengono descritte dagli inquirenti che raccontano come Galati in passato fosse stato vicino alla cosca Gallace.  Alla chiusura delle indagini preliminari ha però scartato l'aggravante mafioso. 

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A giugno 2018, le parole diventano più pesanti e al centro delle intimidazioni ci vanno a finire il figlio delle vittime, un'attività commerciale di loro proprietà e di cui si sarebbero impossessati e ancora i gioielli.  Le cose vanno più o meno così secondo il teorema accusatorio ricostruito dal procuratore Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto e dal sostituto procuratore Debora Rizza: il figlio viene minacciato di morte, l'attività commerciale nella parte superiore del paese trasferita ai due coniugi Gallace-Taverniti e i gioielli finiti nelle tasche (e addosso) ai presunti usurai.

Fin quando poi la svolta: le vittime si rivolgono dai carabinieri e denunciano la presunta escalation criminale che la storia ha vissuto. A partire da un bisogno iniziale di poche migliaia di euro per finire con cifre irrecuperabili, nonostante gli sforzi le minacce subite. 

PROVVEDIMENTI DEL TRIBUNALE DELLA LIBERTA'- Le misure cautelari sono state modificate nel tempo dal Tribunale del Riesame: revocati gli arresti domiciliari per Taverniti e disposto il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima grazie all'annullamento delle accuse per i reati di usura e ad una delle due ipotesi di estorsione, mentre resta in carcere invece Galati: per il 40enne, però, sono caduti due capi d'imputazione relativi ad altrettanti episodi. Modificato il quadro cautelare anche sul piano reale, con la restituzione di un appartamento e due autovetture ai due indagati.

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