Vaccini, scuole con aperture a go-go, due termini del complesso argomento che nel Capoluogo di regione ha diviso le famiglie in tourbillon di favorevoli e contrari, ha impegnato il TAR con valanghe di ricorsi e controricorsi, evidenziato ancora di più le crepe di una sanità che stenta a guarire e che nonostante l’abnegazione indiscussa della classe medico e delle categorie paramediche tiene in agitazione la popolazione. E’ l’argomento del giorno che va a rimorchio dell’andamento della pandemioa e della sua evoluzione. Sul banco degli “imputati” di volta in volta salgono i correi ma due componenti sono fisse: politica e amministrazione. Quella regionale e per quanto concerne la Città Capoluogo ovviamente quella comunale. Il coordinatore cittadino del Partito Democratico sulla materia ha espresso una sua riflessione. Ve la proponiamo di seguito
di SALVATORE PASSAFARO
“Caos vaccini e caos scuole un binomio legato a doppio filo, figlio dell’incapacità politico/amministrativa della regione e della nostra amministrazione comunale.
Il comune denominatore delle varie sentenze del TAR sulla questione scuole (di accoglimento o di rigetto dei ricorsi poco importa) è l’incapacità delle istituzioni di governare gli eventi.
Regione, comune e ASP, sono accumunate da un modus operandi alla Ponzio Pilato che unito ad una evidente disorganizzazione della pubblica amministrazione, ci relega perennemente nelle ultime posizioni di qualunque classifica. Siamo ultimi per somministrazione di vaccini, ma anche per qualità della pubblica amministrazione, reddito pro capite, servizi sanitari, qualità della vita e, su molte altre cose, se non occupiamo le ultime posizioni, poco ci manca.
Quello su cui tutti dovremmo riflettere è che non si diventa ultimi per caso.
Per arrivare ultimi bisogna avere una classe dirigente “brava” a sbagliare, perché al pari di chi arriva primo, dove conta la competenza e il merito, per arrivare ultimi è necessaria una bravura al contrario.
Ma come si fa ad arrivare ultimi? Quali sono gli ingredienti per non riuscire mai ad avere risultati importanti? Le sentenze del TAR qualcosa la dicono.
La prima cosa è la disorganizzazione. Bisogna essere “bravi” a non organizzarsi, a operare senza un metodo e affrontare le cose in base alla regola del “come viene viene”. Non si programma, non si progetta, non si hanno dati certi su cui lavorare (come sta avvenendo su contagi), non si hanno regole e codici di comportamento precisi, ma si reagisce sempre in “sanatoria” e sempre in ritardo. La mancanza di regole e procedure standardizzate sono il terreno ideale sul quale fioriscono il clientelismo, la corruzione e le infiltrazioni della criminalità organizzata che sono a loro volta motivo di disorganizzazione in un sistema che si autoalimenta al ribasso contribuendo ad impedire qualunque tipo di miglioramento.
Il secondo ingrediente è scaricare le responsabilità ad altri. Come successo ultimamente, pur sapendo che alcuni provvedimenti non avrebbero superato i ricorsi presso il tribunale amministrativo, sono comunque stati adottati, perché l’importante è poter dimostrare (per pura propaganda) di averli comunque fatti. La cosa è possibile perché la disorganizzazione permette sempre di poter attribuire la colpa a qualche altra persona o ente. Questo giochetto viene percepito dai cittadini e ha come conseguenza l’aumento della sfiducia nelle istituzioni, la riduzione dell’attivismo civico e finisce per favorire ulteriormente l’inefficienza della pubblica amministrazione.
Il terzo ingrediente è ripetere sempre gli stessi errori. Come diceva Einstein “la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. I primi due ingredienti permettono di perpetrare azioni sbagliate perché ci sarà sempre la scusa della disorganizzazione e ci sarà sempre la possibilità di attribuire la responsabilità ad altri. Non c’è quindi nessun interesse reale a modificare lo status quo perché sono le stesse inefficienze a proteggere chi le provoca.
Il governo regionale a guida leghista e l’amministrazione comunale di centro destra hanno in comune tutti e tre gli elementi sopra indicati e il Covid li ha fatti emergere in modo più chiaro. Il vero pericolo però è che questa epidemia non stia insegnando nulla e che una volta finita, tutto rimarrà uguale.
Questo, invece, è ciò che non bisogna permettere. E’ però importante che ognuno faccia la sua parte per cambiare questa città e per farla uscire dalle tante contraddizioni che la caratterizzano e che sono le reali protagoniste (non il Coronavirus) del caso “scuole chiuse, scuole aperte”.
Un sindaco che ancora non è riuscito a organizzare un piano di vaccinazione per la città, senza alcun dato certo fornito dall’ASP, che a sua volta non ha informazioni perché non è in grado di monitorare il suo stesso lavoro (giustificandosi dicendo che è disorganizzata), prende dei provvedimenti (anche facendo un uso strumentale di poteri amministrativi) che influiscono sulla vita delle persone, non dopo una valutazione di merito, ma per manifesta incapacità di valutare una situazione, sapendo di poter scaricare la responsabilità su altri enti.
L’apprensione delle famiglie per la salute dei loro figli è comprensibile, com’è comprensibile il voler limitare al minimo i rischi di contagio per i propri bimbi, ma la domanda è? Quest’apprensione è dovuta ad una corretta informazione o e conseguente alla sfiducia verso le istituzioni considerate incapaci di gestire questa e altri tipi di situazioni?
Io penso che i genitori sanno come proteggere il loro figli, il problema è che le nostre istituzioni non sanno come proteggere i loro cittadini e forse, più del virus, sono la vera causa della paura che spesso colpisce la popolazione.
Le famiglie, però, piuttosto che scontrarsi sull’opportunità di aprire o chiudere gli istituti scolastici, facendo involontariamente il gioco di chi vuol dividere la gente per distogliere l’attenzione dai propri fallimenti, dovrebbero chiedere, a voce unica, quali sono le politiche pubbliche messe in campo per le famiglie calabresi e catanzaresi negli ultimi 20 anni. Perché al di là del virus, la Regione e il comune di Catanzaro, quali politiche hanno attuato per favorire ad esempio la conciliazione dei tempi di vita e lavoro? Cosa hanno fatto per evitare che il peso della chiusura delle scuole ricadesse totalmente sui nuclei familiari? Cosa hanno fatto per evitare che le loro scelte si traducano in un ulteriore impoverimento delle persone che, soprattutto le donne, rischiano di vedersi ridurre gli stipendi o ancora peggio perdere il posto di lavoro?
A Catanzaro, il problema non è se chiudere o meno le scuole, sono le 3 Euro pro capite per servizi all’infanzia e asili nido a fronte di una media nazionale di 24 Euro oppure le 55 Euro pro capite per istruzione e diritto allo studio contro la media nazionale di 106 Euro, è la sensazione di abbandono che vivono i cittadini soprattutto in questo periodo di emergenza perché sanno che le ASP non sono in grado di raccogliere ed elaborare dati scientifici sui contagi e sanno anche che il loro comune decide senza avere alcuna informazione, alla cieca.
Il problema è la pubblica amministrazione calabrese, la lentezza e la poca trasparenza che la caratterizza, la debolezza della classe politica che non riesce a governare gli eventi, l’assenza di politiche pubbliche e l’incompetenza diffusa. Su questi e altri elementi bisogna tenere alta l’attenzione e intervenire per evitare, anche ai nostri figli, un futuro da ultimi in classifica.
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