di VALENTINA FALSETTA
La legge n.134 del 2021 ha reso definitiva la presenza del diritto alla deindicizzazione in capo agli imputati assolti o agli indagati in caso di emissione di un decreto di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione.
È ancora da indicare, difatti sono già sorti in materia alcuni dubbi, il procedimento attraverso il quale verrà stabilito il diritto del soggetto a vedere le notizie deindicizzate dai motori di ricerca.
Alla luce di alcuni articoli e opinioni espresse, in particolare ricordo quello sul blog WikiMafia, è importante porre alcune questioni all’attenzione di chi legge.
Facilmente reperibile online è l’agghiacciante dato tutto italiano: dal 1992 al 2000 sono trentamila gli innocenti che hanno subìto ingiusta detenzione.
Sommiamo i predetti alle persone assolte, lese da titoli e articoli non raramente intrisi di insinuazioni personali e dunque ben lontani dal diritto di cronaca ex art.21; la realtà, come anche quella carceraria, degli indagati e degli assolti non è così lontana da come la si percepisce e le probabilità di ritrovarsi coinvolti in un procedimento non sono così basse.
Quel che mi urge sottolineare è l’aspetto umano di questo universo di sofferenze con cui proprio non si riesce ad empatizzare, e non lascio da parte emozioni di sorpresa ogniqualvolta io legga i biliosi che se la prendono talora con la Ministra Cartabia talaltra con i giuristi che provano a ricordare una strada illuminata da princìpi che sono forse percepiti come pietre secolari lontani dal quotidiano, ma la domanda importantissima è: si deve stare dalla parte della legge o di chi attraversa il calvario giudiziario per comprendere la portata di tale previsione?
Gli utenti dalla condivisione facile peraltro dimostrano leggerezza – non nuova di certo- e un’ancor più grave disinformazione.
Invero gli indignati per questo diritto di nuova generazione basano le loro invettive su un’unica idea: quella dell’importanza per la società di conoscere sempre e per sempre le gesta passate.
Personalmente sono contraria a siffatta costruzione per due ordini di ragioni.
Il primo è che anche se diritto all’oblio e alla deindicizzazione non ci fosse, considererei comunque enormemente lesivo della dignità umana che un individuo assolto, nel più eclatante dei casi, o anche colui che abbia scontato la sua pena e portato a termine l’opera rieducativa, debba fino alla fine dei suoi tempi trasportare il peso e il marchio del “delinquente”.
Il secondo è appunto la disinformazione cui accennavo prima: infatti l’utente è all’oscuro del bilanciamento che il giudice opera nel caso concreto fra diritto di cronaca e diritto all’oblio.
Chi inveisce, assicuro, può dormire sonni tranquilli perchè, con parole della Suprema corte, “il diritto di cronaca prevale soltanto in presenza di determinate condizioni, tra le quali il contributo arrecato dalla notizia ad un dibattito di interesse pubblico, ragioni di giustizia, di polizia, di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero scientifiche, didattiche o culturali, lo stato di figura pubblica del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica, la veridicità, l’attualità e la continenza della notizia, che sia diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico e priva da insinuazioni o considerazioni personali e la concessione all’interessato del diritto di replica prima della diffusione della notizia".
Quanto sopra specificato dimostra come non si voglia nascondere “la verità” al popolo se la notizia riveste interesse pubblico e così via;
Come può, chiedo, un riconoscimento dignitoso a vivere una vita successivamente alla vicenda giudiziaria, arrecare fastidio? Spero che nella maggior parte dei casi la virulenza dei commenti sia stata dettata dalla seconda motivazione, altrimenti il tutto va oltre la mia umana comprensione.
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