Vanno a caccia di reperti archeologici a Strongoli: la Polizia multa e denuncia due "tombaroli"

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I reperti sequestrati

A sorprenderli sono stati due poliziotti liberi dal servizio e intenti in una battuta di caccia, la cui attenzione è stata attirata dall’uso insolito di attrezzattura non proprio utile all’attività venatoria.

  30 novembre 2020 15:01

Con l’entrata in vigore della nuova ordinanza del Ministro della Salute, la Calabria è divenuta “zona arancione” consentendo quindi il libero spostamento nel proprio comune di residenza.

Con tale passaggio, dunque, anche la caccia - considerata attività sportiva individuale all’aperto - torna ad essere consentita purché svolta nel territorio del proprio comune.

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Un dettaglio che però sembra essere sfuggito a due cittadini di Strongoli che, nel pomeriggio di ieri, in località Margherita Soprana, quindi del Comune di Crotone, sono stati sorpresi in una tipologia di caccia diversa rispetto a quella consentita, ossia “la caccia ai tesori”.

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A sorprenderli sono stati due poliziotti liberi dal servizio e intenti in una battuta di caccia, la cui attenzione è stata attirata dall’uso insolito di attrezzattura non proprio utile all’attività venatoria.

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Ebbene, si trattava di due metal detector e due zappe con l’ausilio dei quali gli stessi avevano rinvenuto in quella zona, riconosciuta quale sito archeologico, ma non formalmente sottoposto a vincolo, ben dieci reperti, parte dei quali risultati essere beni archeologici appartenenti allo Stato, poiché risalenti all’età tardo antico - alto medioevo, quindi ricompresi tra il V / X secolo d.C.

Per la valutazione storico- culturale, ma anche collezionistica, i reperti sequestrati sono stati sottoposti a specifici approfondimenti da parte degli esperti del settore, per cui è stata interessata la S.A.B.A.P. - Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio -.

I due cittadini di Strongoli, quindi, venivano deferiti all’Autorità Giudiziaria per la violazione degli artt. 175 e 176 del D.lgs 42/2004 (Codice dei Beni culturali e del paesaggio), ovverosia per aver effettuato ricerche archeologiche senza concessione nonché per l’impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato in sito archeologico non sottoposto a vincolo.

E non solo, venivano sanzionati con 533 euro a testa, per aver violato le prescrizioni atte al contenimento del virus Covid-19, avendo lasciato il proprio Comune di residenza per motivi non previsti dalla normativa vigente.

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