Verso le regionali 2021. Il prof Scarpino e i manifesti social: "Un popolo di pecore genera un governo di lupi"

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Uno dei cartelloni spuntati in città
  24 novembre 2020 23:30

di GIUSEPPE SCARPINO

Ci sono tanti manifesti e tanti post sui social in cui campeggia una celebre frase: un popolo di pecore genera un governo di lupi, che è una frase del celebre giornalista americano. Una frase che si presta a varie interpretazioni in questo travagliato periodo in Calabria. Potrebbe essere rivolta al governo regionale, dopo gli ultimi clamorosi sviluppi, o al governo nazionale, che sta allestendo tante tende anziché aprire qualcuno delle decine di ospedali chiusi, e finalmente dopo un lungo travaglio ha nominato il Commissario straordinario alla sanità (non sappiamo ancora se è sposato). Ma forse la frase è rivolta ai calabresi per come hanno votato negli ultimi venti anni generando una incrostazione permanente nel sistema di potere.

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Nessun scossone si è mai avuta tra l'alternanza del centro destra e centro sinistra alla guida della regione, una alternanza fittizia come quella che si prospetta anche per il prossimo appuntamento elettorale in programma per il 2021. Sarà un popolo di pecore? Sarà un popolo che è stato educato ad essere pecora? Sarà la tradizione gattopardesca cambiare tutto per non cambiare nulla, sarà un qualunque altro motivo, ma la Calabria sembra permanentemente ancorata allo status quo.

Qualcuno si è allarmato più del dovuto alla vista di questo slogan "Rivoluzionario", ma i calabresi non sono un popolo nè violento nè rivoluzionario. Una piccola considerazione, però, è possibile: nelle ultime elezioni politiche più per punire la vecchia classe dirigente che per condivisione, il movimento Cinque stelle ha avuto un consenso straordinario facendo eleggere ben diciotto parlamentari (un vero e proprio partito). Forse ora è il momento che, anziché votare contro i calabresi, riescano a votare per costruire, cioè scegliendo i candidati più bravi, i più capaci, magari chiedendo alle persone per bene e di provata esperienza di scendere in campo e di chiedere alla vecchia nomenclatura di mettersi da parte, ma veramente non sostituendo i soliti con figli e nipoti. 
    

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