Il “viaggio” del dott. Lino Puzzonia, per La Nuova Calabria nel “pianeta sanità calabrese”prosegue. E’ questa la sesta tappa, una tappa di snodo fra la ricostruzione storiografica e la visione d’assieme del presente, guardando alle prospettive future di questo importante settore della vita pubblica Catanzarese. Buona lettura!
“Al punto cui siamo giunti credo che alcuni fatti possano essere affermati con grande forza.
La pretesa di risolvere il problema soltanto sul piano economico-finanziario puntando solo su un tentativo di recupero della legalità (la cui violazione sembrava essere l’unica causa del dissesto) è stato un errore storico. I commissari non sono riusciti a trovare il bandolo della matassa. Hanno del tutto tralasciato, un po’ per incompetenza, un po’ perché ossessivamente condizionati dal tavolo romano di monitoraggio, lasciato deperire quello che restava delle strutture operative sanitarie e non hanno proprio cercato di mettere in moto un sistema continuando a navigare a vista. Uno solo (l’unico senza stellette) ha fatto uno sforzo per intervenire nel merito ma in questo senso ma non ha trovato alcuna collaborazione né in Calabria né al tavolo romano.
Su quel tavolo, del resto, contavano e continuano a contare solo i numeri. La salute dei calabresi è un epifenomeno a cui il MEF non è per nulla interessato e a quel tavolo il Ministero della salute è ed è sempre stato solo una comparsa.
Una questione si pone allora in maniera drammatica.
Il deficit creatosi fino al 2010 è senz’altro responsabilità dei calabresi (comunque sottofinanziati) e pur non potendo disporre dei dati di dettaglio credo che i calabresi l’abbiano già abbondantemente ripagato con gli interessi.
Il debito formatosi dal 2010 al 2022 (che si dice sia stato a questo punto quantificato) con la gestione dello Stato attraverso i suoi commissari perché mai dovrebbe essere restituito dai calabresi i quali già pagano, per l’insipienza degli stessi commissari, un prezzo, in termini di mobilità, che è giunto ormai ad oltre 300 milioni all’anno?
Di che sta discutendo a Roma l’attuale commissario, che sempre strumento del governo è e non, nella particolare funzione, rappresentante dei calabresi. Ha discusso di farsi approvare, in deroga ad ogni norma, la possibilità di utilizzare medici stranieri senza la prevista verifica ministeriale ma verificati in regione e comunque senza alcun ruolo degli ordini professionali?
La politica regionale continua “cavalcare la tigre” dell’inconsapevole disagio dei cittadini assecondando le richieste di sindaci e comitati vari per la riapertura di strutture inutili e pericolose senza nemmeno tentare di svolgere un ruolo di orientamento delle comunità.
Pare evidente allora come, al di là delle trionfalistiche dichiarazioni dell’attuale Commissario, lo scenario sia sconfortante e credo che questa mia affermazione, che potrebbe sembrare faziosa, possa essere verificata non soltanto con il rinnovato aumento della mobilità, che aveva subito un periodo di freno a causa della pandemia, ma con la diffusa e sacrosanta insofferenza della gente che lamenta liste d’attesa di mesi, anche oltre un anno in alcuni casi, per ogni tipo di prestazione.
Le patologie banali costano infiniti disagi o, in alternativa, per chi può, tanti danari. La patologia appena più complessa, per chi può, prende la via dell’emigrazione. Gli operatori sanitari, dai meno ai più qualificati, mordono il freno. Gli operatori più giovani (quelli che tornano o restano in Calabria) tendono a prendere sempre meno in considerazione la sanità pubblica preferendo l’attività privata.
L’Autonomia differenziata del Ministro leghista incombe, la politica calabrese sembra pensare solo alla propria sopravvivenza.
Ostinarsi a parlarne sembra accanimento terapeutico ma credo non si debba demordere.
La prossima settimana parleremo di un fenomeno parallelo alla sanità calabrese e, finora, mai integrato: la facoltà di Medicina e Chirurgia.
Poi ho l’ambizione di metterla in positivo con una proposta manifesto per il futuro.”
Lino Puzzonia
6- Continua
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