"La città di Catanzaro, tra il XII e il XVIII secolo, è stata il centro manifatturiero d’eccellenza dell’arte della lavorazione della seta, che ne rappresentava la principale fonte di benessere economico. La città era proiettata oltre i confini d’Italia e i pregiati tessuti serici prodotti dalle sue maestranze erano tra le merci di lusso più richieste nei principali mercati europei, talmente preziosi da essere citati negli atti notarili e testamentari subito dopo i gioielli".
Così, in una nota, il candidato a sindaco di Catanzaro Valerio Donato.
"L’intera filiera della produzione aveva luogo all’interno delle mura cittadine: la gelsibachicoltura, la filatura, la tintura e la tessitura di stupendi manufatti si svolgevano negli antichi quartieri dove forte era la presenza di comunità di stranieri specializzati nelle varie attività che facevano capo alla cosiddetta “nobil arte”, luoghi dove ancora oggi è possibile leggere tra le righe la storia di un passato glorioso, quello di una città multietnica e multiculturale, che può essere ricostruito anche grazie ai toponimi: la “Grecìa” con i suoi vicoli “Gelso bianco”; l’antica “Giudecca” con il suo “Vico delle Onde”; il quartiere Maddalena con la sua “Discesa Filanda”; il quartiere Santa Barbara, con il suo “Spiazzo del Sole” e poi il quartiere Sant’Angelo, l’antico quartiere “Còcole”, tutti luoghi che portano nei nomi e nella conformazione urbanistica la testimonianza tangibile del legame profondo tra l’arte della seta e la città, detta delle “tre V”, una delle quali sta per “Velluto”.
Oggi, numerosi esemplari di queste preziose manifatture in seta e alcuni antichi telai, oltre ad essere custoditi nel Museo Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e conservati nelle sacrestie di tante chiese cittadine – tra cui la Chiesa e l’Oratorio del SS. Rosario, sede dell’antica cappella dei setaioli – sono ancora in possesso di molte famiglie catanzaresi, che un tempo in particolari ricorrenze usavano esporre i loro damaschi dai balconi; inoltre, la Camera di Commercio cittadina custodisce i «Capitoli et Ordinationi et Statuti firmati dell’Arte della Seta», un altro importante tassello per ricostruire la storia di un’arte nell’esercizio della quale nulla era lasciato al caso.
Tale contesto si presta alla creazione di un “Museo diffuso”, cioè uno spazio espositivo dinamico, il quale può costituire uno dei servizi dell’asse attrezzato Catanzaro-Lamezia, in un itinerario permanente che unisca, valorizzi e renda fruibile questo patrimonio, collegando tra loro i luoghi d’interesse dove ha avuto origine e le testimonianze attuali. Si potrebbe in tal senso (ri)costruire, sulla nostra “Via della Seta”, un vero e proprio “brand” nel quale la città ed il territorio dell’istmo, Tiriolo, San Floro e altri paesi, possano riconoscersi, recuperando il nostro legame ancestrale con questa nobile arte e, in una nuova visione identitaria tra passato, presente e futuro, sviluppare settori strategici e produttivi tra cultura, artigianato, formazione e turismo".
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