Vincenzo Piazzetta ha due lauree, una in economia e una in lettere, ma non fa né il manager né l'insegnante.
A Lamezia Terme, nel cuore della Calabria, ha una liuteria. Fatica a parlare dei suoi titoli accademici, mentre parla volentieri di Natale, il pastore dal quale ha appreso la passione per gli strumenti musicali. La sua specializzazione è la lira, uno strumento musicale antico che in Calabria era diffuso fino agli anni Cinquanta. Insieme a Carmine Sangineto, giovane musicista che a Belvedere Marittimo (Cs) dirige l'Accademia dell'Ancia, dove studiano 100 studenti, coltiva il sogno di riportare agli antichi fasti uno strumento tipicamente mediterraneo, ultramillenario.
"Il mio approccio alla lira calabrese - racconta all'AGI - è profondamente influenzato da una delle più importanti esperienze che ho vissuto, la frequentazione un mio amico, pastore e costruttore di strumenti musicali".
E' stata l'esperienza nelle campagne intorno a Lamezia Terme a fargli scoprire il valore del suono. Nei boschi si sentono molti suoni, sono un riferimento per orientarsi, sono legati ai ritmi della natura. La lira appartiene a quel mondo.
"Circola nel Mediterraneo - continua il liutaio - da circa 1.200 anni. In Calabria, fino agli anni '50 del secolo scorso in alcune zone è stata utilizzata, ma fondamentalmente da contadini, pastori e mugnai. Caduto quel mondo, sono caduti il concetto di strumento, l'idea di suono, l'idea di costruzione e di microterritorialità, perché ogni paese aveva il suo suono e il suo timbro. La lira è scomparsa con la scomparsa del mondo contadino. E' stata recuperata negli ultimi 40 anni grazie al Folk revival, ma in questi anni - osserva - è stato costruito di tutto e di più, spesso non rispecchiando la natura dello strumento. La lira si è un po' imbastardita ed è finita la cultura che ne è all'origine. C'è molta confusione e lo strumento sta vivendo un momento d'impasse tremendo. Si sta cercando di rilanciarlo in altri termini, rendendolo moderno, perché morti quel mondo musicale e quel pensiero musicale, non ha senso un certo tipo di linguaggio che bisogna comunque conoscere e conservare per sapere da dove si arriva". Il lavoro di Piazzetta è volto a inserire la lira in nuovi contesti musicali.
"La trasformazione - spiega - va fatta in termini corretti muovendosi sul piano oggettivo, visivo, modificando la struttura dello strumento, e poi ci sono delle modifiche intangibili e invisibili che riguardano il suono. Uno strumento rozzo non produce lo stesso suono di uno strumento ricercato". L'opera del liutaio non è improvvisazione, spiega Piazzetta, perché gli strumenti hanno un'anima, sono storia, tradizione e cultura. "Abbattere la qualità dello strumento per venderlo a prezzi irrisori - spiega - significa abbattere una cultura e un'idea di suono". Vincenzo, nel suo laboratorio, lavora da solo. "Uno strumento - dice - non è frutto solo ed esclusivamente dello studio sui libri, ma è frutto di un'esperienza di vita. Ho dedicato gli ultimi 15 anni della mia vita alla lira, facendo ricerche e studiando gli strumenti antichi".
Ma ciò che ha influenzato di più l'arte di Vincenzo Piazzetta è la sua storia singolare. Una passione nata grazie all'amicizia con una famiglia di pastori. Ride quando racconta la sua esperienza: "Ho un passato particolare perché non ho studiato sui libri la liuteria; non c'entro con il mondo accademico dei liutai, ho studiato pascolando le capre. Il mio maestro è un pastore, per questo l'idea di suono per me è molto importante, perché il suono nel bosco guida il pascolo. Le campane, gli animali. Utilizzi l'udito per riconoscere gli animali, individuare dove sono. Ma - ride ancora - non sono né pastore né liutaio. Sono uno che a un certo punto della sua vita ha deciso di cambiare le carte in tavola partendo da questa amicizia con una persona che appartiene a un mondo ormai inesistente e che continua ai giorni nostri a vivere secondo regole che non ci sono più. Io non sono un pastore, pur avendo pascolato 12 mesi l'anno sotto la pioggia e sotto la neve. Lasciavo lo studio del commercialista dove facevo tirocinio e andavo a portare le capre, poi, poco prima di sostenere l'esame di stato, ho rinunciato. Natale, il mio maestro, è l'ultimo costruttore di zampogne a mano. Le costruisce nel bosco, pascolando, lavorare con lui è stato recuperare la sua memoria che ha deciso di condividere con me. Condividere il sapere - dice - è un grande atto di generosità".
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