Vincenzo Speziali: “Carlo Alberto dalla Chiesa, l’eroe italiano”

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Vincenzo Speziali
  05 settembre 2021 17:13

di VINCENZO SPEZIALI

Quando partecipava ad un evento o entrava in una stanza, la sua figura non passava inosservata, anzi "occupava lo spazio" - in modo positivo - grazie al suo indiscusso carisma e all'autorevolezza personale, che discendevano dal fatto di come egli era già mito in vita, prima che in morte. 

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Già il Generale, l'eroe italiano per eccellenza e antonomasia, servitore fedele e credibile, di uno Stato, come lo definì Aldo Moro, che solo Dalla Chiesa cercò di salvare, <<dalle forti passionalità e dalle gracili strutture>>.

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I suoi uomini non erano solo gli ufficiali dell'Arma, bensì i carabieri tutti, i quali lo hanno sempre visto come il loro comandante e continuano a consideralo tale, nonostante i 39 anni passati dal suo eccidio. 
D'altronde, come si fa e restare senza ammirazione per questo uomo delle istituzioni, che ha vissuto la sua vita all'insegna dell' "ubbidir tacendo" e per l'amore della famiglia, al cui interno albergava e considerava lo Stato, quasi un unicum dei suoi affetti e dei suoi valori? 
È l'impostazione del suo carattere, del suo modo di essere, di lavorare e di rappresentare, plasticamente la sua moralità e il suo credo, che ci fa capire quanto fosse immensa, complessa e vasta, l'anima di questo gigante della Repubblica, il quale ripeteva sempre <<la Mafia è vigliacca>>. 
Proprio la vigliaccheria lo irritava, ovvero questa condizione dell'essere che non conosceva, ma che combatteva: celebre è infatti, l'episodio di quando il figlio Nando le prese da lui, di santa ragione, poiché aggredi' alle spalle un compagno di giochi, nel cortile della caserma in cui vivevano, alle spalle, nel momento il cui il generale, passava per caso! 
Fu il primo Carlo Alberto Dalla Chiesa, a comprendere quanto, non solo illegale, ma posticcio e falso, era il concetto della Mafia come comunità di uomini, che seppur delinquendo, di coraggio non avevano affatto. 
Andò nelle scuole, da generale prima e da prefetto dopo, a spiegare ai giovani che il mito era un falso mito, compiendo un'operazione pedagogica e sociale, mai espletata, prima, poiché come la storia ha dimostrato in seguito, Cosa Nostra, venne imposta allo Stato Italiano post fascista, come soggetto costiuente, da chi ci libero' da Mussolini e dai suoi manutengoli, forse e senza forse, con metodi discutibili e lasciondoci sul suolo patrio le sentinelle degli interessi atlantici, come oltreoceano venivano considerati i picciotti siculo calabresi. 
Lui no, era per lo Stato, il quale doveva far valere il Diritto e i suoi legittimi poteri, senza derogare, ma con la credibilità di chi poteva fare ciò e rappresentare questo, grazie ad una incontrovertibile forza, che derivava dall'essere sempre il rappresentante autentico delle istituzioni. 
Quando creò i nuclei antiterrorismo per sconfiggere le BR disse ai suoi uomini di dimenticarsi di affetti e famiglie, poiché sarebbe stato lui e solo lui a rappresentarli e la cosa fu posdibile poiché d'altronde era normale che il generale fosse l'unico a poter fare e a pretendere quanto diceva, proprio per il fatto che l'anima l'aveva resa ai suoi uomini e la sua vita  certificava una tale credibilità. 
Visse l'incarico da prefetto, non dimenticandosi mai di essere il Generale Dalla Chiesa, ovvero il primo Carabiniere d'Italia, con un pensiero costante alla defunta moglie e verso i figli e i nipoti che adorava assieme allo Stato, ovvero a ciò che esso dovrebbe essere ma che in alcuni casi non ci è riuscito, quasi alla stregua di un'occasione perduta
La sensibilità di Rita, la quale si accorge come sul feretro non ci fosse il berretto dell'Arma o l'omelia funebre del Cardinal Pappalardo, sono lo spaccato del giorno dei funerali, quando nel seppellire l'eroe, l'Italia inizio' a liberarsi del giogo mafioso, rappresentando al tempo stesso l'ultimo grande servigio al Paese del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che ha veramente vissuto e compiuto, ciò che era il suo scopo ovvero “fare certe cose, per guardare, serenamente, negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli”. 
A lui, ci si inchina con convinzione, con ammirazione, con devozione e con la consapevolezza a cui dovremmo attenerci tutti, così, semplicemente, come cittadini qualunque, comunque e dovunque. 

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