di VINCENZO SPEZIALI
È notte. Sono, precisamente, le 3 e 51 del 21 Settembre, allorquando un rombo di motore aereo è fragoroso. Tremano gli infissi e a distanza di tre/quattro secondi, si avvertono due boati, simili ad uno scoppio di bombe sganciate.
Ormai, persino a ciò, a siffatto rumore, noi tutti abbiamo preso l'abitudine ad attenderli e ad accettarli, quasi fossero, suoni familiari, seppure macabri.
Spesso, però, lì per lì e qui`per qui`, al momento non sappiamo se la genesi del frastuono sia dovuta allo sfondamento della barriera del suono -tipica dei caccia militari ipersonici di nuova generazione- oppure ai 'grappoli' di missili, che, indistintamente, piovono sul nostro capo, alla stregua dei coriandoli, cantati da 'I Rcchi e Poveri' nella loro celeberrima canzone.
È, insomma, una vita strana, bizzarra, fatalista e assurdamente cruenta, quella di Beirut e del Libano, da sempre in generale, dalla metà degli anni 70 del secolo scorso in particolare e dal 7 Ottobre ultimo in modo speciale.
Chissà, saranno i toni, i colori, l'inevitabilita`, la rassegnazione, circa le varie forme della guerra, ma può essere pure altro.
Anzi, sinceramente è così, senza poterci fare nulla, se non assistere, sperare, pregare e raccontare, il martirio di una nazione, il quale ogni giorno, ora dopo ora, attacco su attacco, crepitio che si accompagna ad un successivo scoppio, si ripropone, sempre ed inesorabilmente uguale e diverso, nei confronti di se stesso.
E in mezzo, di sotto e di lato, in verticale ed orizzontale, io con con tutti i libanesi, cominciando da figli e moglie, a scrutare l'orizzonte, ad assistere impassibili, magari ad analizzare gli eventi cogenti e a prevedere quelli futuri, ma pur sempre, assimilati al modus vivendi della realtà circostante, coerentemente in ossequio agli incredibili cliché degli usi e costumi locali, i quali prevedono ed impongono, purtuttavia l'esistenza che continua.
Già l'esistenza di questa 'particolare vita' allocata in Terrasanta (lo è pure il Libano), con una 'danza' tutta sua, scandita da un ritmo a suon di cruento andamento, profondo quanto può esserlo l'infinito indefinito.
Poi, quando qualcuno mi chiama e con affetto domanda -sempre la solita domanda- "...ma perché non torni? Perché state ancora in questo inferno?", rispondo, a monocorde, fredde e distaccate: "Io non scappo, non fuggo mai difronte a niente. Non è incoscienza, semmai rispetto per sé stessi, ovvero il coraggio da cui discende credibilità e autorevolezza morale, assieme e non da meno o da ultimo, al senso del dovere e della gratitudine".
Si, è così, quindi ed orbene, 'jamais la vie' se sono e resto qui!
Ecco...scrivo e di sopra, con il bagliore tipico, si scorgono scia e rumore del solito caccia israeliano, quasi al pari di un amico molesto, che ti piomba in casa e non puoi scacciare.
Voilà, la nuit de Beirut!
Epperò, quasi indotto, penso e ripenso, ai miei luoghi di origine e di infanzia, ai miei affetti, alla mia Bovalino, alla cara Catanzaro, all'incantevole Roma.
E rammento i cari, quale mia madre in primis, oppure chi non c'e` più come mia nonna, la cui foto è sempre sul comodino e comunque sta come me, ogni momento, stipata nel cuore.
Ma prego, principalmente prego, anche e soprattutto Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro) e ricordo Forlani e Angelo Donato, così come Lillo Manti, Annamaria Nucci, Carmelino Puija, Bruno Napoli, Riccardo Misasi e Maria Fida, tanto per fare qualche nome e per poter dire di essere 'in buona compagnia'
In più, senza omettere un sentimento di commozione e soprattutto di sincera riconoscenza, ho la frequenza e il conforto dei miei amici tutti, i quali scrivono e telefonano, con dolcissime e compulsivamente apprezzate apprensioni e delicate sentimentalita`.
Ho avuto una bella esistenza e tanto essa continuerà, perché non muoio mai, in quanto Dio e Nostro Signore Gesu` mi (e ci) assistono (d'altronde sono i primi democristiani, quindi sempre dalla nostra parte!), pur se i momenti difficili li affronto ora, al pari di come li ho affrontati nel passato.
Ma davvero qualcuno, chiunque o chicchessia, può pensare che il sottoscritto si possa considerare da me medesimo e da altri, uno che batte in ritirata, con la coda tra le gambe, magari fuggendo a pie`levati e la schiena incurvata, assieme al capo chino?
Non sono stato piegato (e per certun versi nemmeno piagato) da un ingiusto esilio, da taluni costretto a subire, persino confidando nell'eventualità di vedermi tirare le cuoia, perciò nulla mi fa paura e onestamente non ne provo, sin da quando da piccolo e pure dopo, venivo 'redarguito' -a fronte di una discutibile metodologia pseudoeducativa- da mio padre.
Non faccio passi indietro, poiché ho anche il dovere morale di essere testimone parlante e vivente, di una incredibile e sconcia guerra, la quale, parimenti a tutte le guerre, dovrebbe essere bandita dal contesto della civiltà contemporanea.
Francamente non sono un calvinista portato a credere che il genere umano sia votato al peccato: non lo sono, non lo accetto!
Certo, allorquando ogni giorno, ci si imbatte puntuali in 'un appuntamento con il morto', proprio nel strade insanguinate di Beirut e del Medioriente, si potrebbe essere indotti a pensarlo, pur se io, sempre io che ho subito dolori morali (e non solo), financo da familiari prossimi, sostengo e credo, nella bellezza dell'umanità, nello splendore della vita, anche perché il domani è sempre migliore.
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