Vincenzo Speziali: "Il fallimento a stelle e strisce degli yankee"

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Vincenzo Speziali
  21 agosto 2021 12:35

di VINCENZO SPEZIALI*

Se le stelle in politica, prima dell'avvento grillino, potevano identificare qualcosa di buono, con oggi il tutto tramonta inesorabilmente e ignominiosamente. 
Vi è sempre stato, da parte mia, un sospetto fondato sulle amministrazioni americane di segno democratico, poiché l'azione dei "liberal" d'oltreoceano, è forsennatamente guerrafondaia, moralmente discutibile(pure se ammantata, strumentalmente, da incrollabili principi morali) e priva di visione dal punto di vista strategico (talvolta pure da quello tattico): anche in ciò, si manifesta differenza con i Repubblicani e conservatori, visto come quest'ultimi, possiedono più strumenti culturali, analitici e riflessivi, accompagnati da una prospettiva non solo di "attacco", bensì di contenimento. 

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La prima guerra del golfo (ad 1991) combattuta dalla coalizione USA di George Bush sr. - in precedenza ottimo Direttore della Cia e ideatore delle sue strutture parallele (Secret Team e Team B), durante l'amministrazione repubblicana di Gerald Ford- dimostrò che la presidenza conservatrice di questo ottimo politico, era improntata al rispetto, se non altro più formale possibile, della tutela del diritto internazionale (in quel caso a favore del Kuwait, aggredito da Saddam Hussein), senza sovvertire lo stato invasore, cioè l'Iraq baathista e sunnita, il quale governava - anzi dittatoriava- la maggiaronza sciita, pur ammettendo al contempo, quanto "proteggeva" (ovviamente per mero calcolo etnicoreligioso) la residua minoranza cristiana, rappresentata dal volto pubblico e numero 2 del regime, cioè Tarek Aziz. 
Le cose, senza dubbio mutarono dopo l'11 Settembre 2001, con il dramma delle Twin Towers (Torri Gemelle) e ne discese la guerra d'invasione, contro il regime di Baghdad nel 2003, giustificando ciò, per l'appunto, da un punto di vista tattico, ovvero sconfiggere uno "stato canaglia" (tutore del terrorismo islamico fondamentalista) e strategico, cioè l'importazione della democrazia in una "democratura" araba. 
La cosa è già di per sé ardua se non impossibile, poiché altera drammaticamente e inimmaginabilmente, equilibri precari, certamente stantii, ma pur sempre conoscibili e riconosciuti, proiettandoci verso un ignoto, ancora più pericoloso e cruento, il quale deve essere, se tale strada si vuole intraprendere, indirizzato e accompagnato, con costante impegno e reiterata vigilanza: ciò è stata la caratteristica delle Amministrazioni Repubblicane, meno e (purtroppo!!!) più leggera o disconnessa, quelle Democratiche! 
Le conseguenze, noi le stiamo vedendo in questi giorni, mentre l'Afghanistan le sta vivendo, sulla propria pelle, poiché è da questo Paese che iniziò l'azione "Yankee dello zio Sam" (certamente giusta) nell'immediatezza successiva all'11 settembre 2001, contro l'estremismo maomettano, il quale si prefiggeva di terrorizzare, attraverso attacchi cruenti, non solo l'America, bensì il mondo occidentale. 
È la solita contrapposizione (non solo statunitense) tra progressisti e conservatori, laddove i primi sono adusi a immediate e discutibili azioni (con relative e improvvise utilizzazioni di alleanze e alleati), mentre i secondi cercano di governare gli eventi sul lungo periodo. 

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Certo, si potrà controbattere che l'Amministrazione Repubblicana di Reagan (con Bush padre vicepresidente e vero dominus della politica di quegli anni, i quali relegarono il comandante in capo nel ruolo del comunicatore), è stata la prima alleata dei Taleban, ma ciò fu in funzione dell'invasione sovietica contro questo Paese, mantenendo però ben chiaro a tutti, che una volta finita l'emergenza e l'aggressione degli eredi (nefasti) di Stalin, si sarebbe provveduto ad armonizzare l'Afghanistan, accompagnando la sua gente verso un "porto sicuro", ovvero un regime laico e tollerante, rispettoso dei diritti umani e delle donne, seppur con una connotazione musulmana, vista l'osservanza religiosa della popolazione di quei luoghi. 
Così non fu, dato che a Reagan e poi a Bush sr., subentro' il democratico Bill Clinton (anche noto per essere stato impelagato nel caso Lewinsky), il quale come da prassi e manuale della miope e insipiente politica del sua collocazione cuturalideologica (gli americani, d'altronde hanno sempre avuto una struttura partitica differente dalle organizzazioni del secondo novecento europeo, purtroppo), ha preferito gestire il boom economico - coerentemente a quanto mi ha fatto ben notare l'on. Nino Foti- perpetrando il lassismo, poi degenerato con il saudita Osama bin Laden, lì rifugiatosi, che ha monopolizzato e ancor di più estremizzato i mullah del luogo. 
Compiendo un salto fino alla penultima Amministrazione Americana, cioè quella Democratica del bluff Obama, il caos e la mancanza di strategia ha continuato il suo percorso, anzi amplificandolo con il manifesto appoggio alle varie "primavere arabe", le quali senza strategia e senza regia, hanno prodotto un inverno cupo, dominato dai fanatici estremisti, che si sono rivelati peggio di coloro i quali, troppo in fretta e troppo superficialmente, la leadership statunitense negli anni 2008/2016(di cui l'attuale presidente era vice), ha definito crudeli dittatori, provocandone l'abbattimento, ma senza programmare un vero ricambio e ovviamente in meglio. 
La prova si ricava persino nelle relazioni con un altro Stato in sofferenza e cioè il Libano, dove questi americani di stirpe politica kennedyana, hanno compiuto operazioni tampone, cioè sanzionando i "pesci piccoli" e mantenendo inalterati e per meglio dire protetti, gli autentici affamatori del popolo libanese, come lo sciita Nabih Berry, da 30'anni Presidente del Parlamento di Beirut e da più parti - in omaggio al trono delle contraddizioni - presunto "agente americano" e uomo forte delle istituzioni nonché alleato di fede con l'Iran degli Ayatollah. 

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Già Afghanistan e Libano, uniti non solo dalla comune rotta dell'oppio, ma anche dal destino attuale, cinico e baro, triste e crudele, nel vedere i suoi popoli inermi, sterminati dal genocidio, più o meno silenzioso, dei loro popoli, poiché anche a Beirut, in questi giorni si muore, a causa della crisi economica, politica, sociale, sanitaria e finanziaria, con il disinteresse di chi ha promesso, ha ammonito - sventolando i buoni intendimenti, senza consequenzialità- e poi nulla è accaduto. 
E adesso? Adesso niente, purtroppo niente, c'è Biden il democratico, il quale batte in ritirata, mentre le immagini ci offrono i libanesi con gli occhi stanchi e non più in grado di reagire e gli afghani che preferiscono gettarsi dagli aerei, pur di non morire trucidati dai taleban. 
E poi, non resta nemmeno la coscienza di chi era o doveva essere il gendarme del mondo, posto che l'attuale inquilino della Casa Bianca, fosse credibile per esserlo, sapendo, in ogni caso, quanto sia mediocre la sua figura, ben piantata nel solco della sfrontatezza e del cinismo dei liberal statunitensi, epigoni dei politici che si accordarono con Luky Luciano, alfine di facilitare lo sbarco in Sicilia degli alleati nel Luglio del 1943.

A proposito, ma non eravamo noi democristiani italiani a fare accordi con la mafia? Anche questa è una leggenda a stelle e strisce, ripresa tempo dopo, forse(?), su suggerimento negli anni del 93/94 da qualcuno, e a Washington, guarda caso, regnava proprio Clinton! 
Essa però è un'altra storia, adesso vi è da stabilizzare, per come è possibile, ciò che resta di tale area del mondo e all'orizzonte non si vedono grandi uomini, bensì conigli attempati, che tutto sono, fuorché statisti con visione e coraggio.


*Coordinatore Regionale della Federazione Popolare dei Democratici Cristiani in patto federativo con Noi con l'Italia

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