di VINCENZO SPEZIALI
Durante la fase che viviamo -giorni tristi, i quali rispecchiano un tempo insulso, decadente, per di più pesudogestito da neofiti incompetenti e donzelle postribolari, seppur con laticlavio senatoriale (le quali pensano, a loro volta, di essere Margaret Thatcher, mentre, in realtà sono delle Pompadour qualsiasi e senza la classe dell'originale- e, quindi, nel tempo coevo, mi confronto, anche, con il mio vecchio capocorrente democristiano calabrese, cioè il Sen. Donato Veraldi, così come con il secondo Segretario Regionale dc, conosciuto nella mia vita (a partire dall'infanzia), ovvero Franco Petramala.
Patti chiari, sarò un inguaribile coerente, ma ciò fa parte di una formazione - la mia, ovviamente!- la quale fa di essa (la coerenza, per l'appunto) un tratto contraddistintivo, circa ciò che dovrebbe essere la politica (che in quanto tale, è buona e giusta, di per sé).
Viceversa, oggi, ma anche parimenti -purtroppo- la materia di Cavour e di Moro (soprattutto Moro!) la ritroviamo stuprata e vilipesa, da comici pregiudicati (ma dall'ardore arrogante di farsi passare per puri), docenti 'alpisti' (in luogo allo studio professionale del loro mentore), per di più pieni di boria e di sprovvedutezza, oppure da incompetenti vari, elevati a sistema (deprecabile!).
Donato Veraldi ha richiamato, giustamente, il (Cambia) vento di Catanzaro, con il suo profumo entusiastico di giovani appassionati alla politica e al sociale, i quali sono la speranza che diviene certezza, anzi, il sogno che si trasforma in realtà.
Sono stato a capo del Giovanile Nazionale, quindi rimane implicita e naturale, la personale voglia di cercare forze fresche, non da pedagogizzare, bensì da tutelare e consigliare, soprattutto in luogo al fatto di trovar buon terreno, in queste persone (ed ogni persona è un universo, come disse Aldo Moro e come ripeto io, a piè sospinto, facendone tesoro).
Cionondimeno, vi è l'osservazione di Franco Petramala, circa il dramma di una legge elettorale che favorisce astensionismo spinto, incipiente e per di più -desolantemente- giustificato, proprio in guisa di una formula antidemocratica, la quale a sua volta, nomina i parlamentari e non favorisce la 'selezione naturale' di una classe dirigente.
Tale selezione, difatti, la si può ottenere solo con un combinato disposto di proporzionale puro e plurimamente nominalistico (per intenderci, la legge in vigore fino alle elezioni del 1987), che solo essa -di per sé- rendendeva possibile la stabilità governativa (seppur a fronte di molte crisi governative, delle quali si diceva sarebbero scomparse con i pastrocchi della seconda e terza repubblica, ma continuano ed anzi non mutano tal strumentalmente denunciato malcostume).
Di più, sempre il vituperato sistema con cui si votò nel 1987 (scardinato, scelleratamente, da Mario Segni), presupponeva il ricambio parziale -di volta in volta, cum grano salis- della platea parlamentare e, a cascata, di quella degli enti locali.
Il nuovo è sempre bello?
Non direi, poiché esso -pure a fronte di incipiente incultura scolastica- viene persino scambiato dai più, per nuovismo ed esso sta al moralismo con la morale, ovvero etimologie assimilabili, ma significati diversi.
In ogni modo, si dovrà vigilare bene nel prossimo futuro e qualcuno sarà pronto -poco importa se oggi o domani- a ricostruire la repubblica, facendo sì che dall presente si possa spalancare il futuro.
E questa volta -differentemente dal 1992- sarà bellissimo, se lo sapremo ben interpretare.
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