di VINCENZO SPEZIALI
Esiste una regola, precisamente quella delle '11 P', che mio nonno materno, con il suo reale garbo e la mitezza che gli erano propri, conculco` a tutti i suoi figli, quindi anche a mia madre.
Ordunque, Avichay Adraee, portavoce arabofono dell'esercito israeliano, non mi sembra sia osservante di codesto adagio, per sua disgrazia (e di ciò potrei pure infischiarmene), ma, principalmente per nostra sfortuna (mentre, ciò mi riguarda, eccome).
Mi spiego: allorquando una simile 'capafresca' si intromette nelle dinamiche di uno Stato straniero -precisamente il Libano, nel caso di specie a cui mi riferisco- per di più entita` statuale indipendente e con il suo Paese senza alcun riconoscimento diplomatico, allora -parimenti e calzantemente a come si dice in romanesco- 'ta a vai a cerca`!
Parliamoci chiaro, fuor di perifrasi e di metafora, ma ciò può essere accettabile e assimilabile ad una dichiarazione normale?
Certo che no e per due motivi: 1) creare tensioni come queste, frammentando ancor di più il precario tessuto di convivenza libanese, significa auspicare una nuova guerra civile in un Paese come il Libano, il quale a sua volta, su questo e su altro, 'ha già dato'; 2) la propaganda del soggetto specifico ricorda molto e tanto, le dichiarazioni di un altro portavoce, segnatamente quello di Putin, cioè Peskov, nell'intento di insolentire, dividere e frazionare -sempre con l'utilizzo di effimera propaganda- sia l'Ukraina e i suoi cittadini, sia i Paesi che sostengono Kiev.
E noi, noi tutti, che facciamo?
Da giorni, ripeto a pie` sospinto come sia giusto garantire la sopravvivenza di Israele e il suo diritto alla difesa o alla propria sicurezza, ma, purtuttavia, ciò non può passare o avvenire, a scapito di Paesi altrui, della loro interna coesistenza civile e nemmeno -per quanto stiamo vedendo e per come sanzionato dal Tribunale Internazionale dell'Aja, avverso lo Stato ebraio- dicevo, nemmeno attuando il genocidio degli inermi palestinesi a Gaza.
Insomma, non si può essere senza se e senza ma, solo da una parte, cioè quella di Israele, sempre e a prescindere, poiché, piuttosto, sarebbe financo opportuno rilevare che tal Paese, non è propriamente una democrazia politica, semmai una sorta di teocrazia laica, differente dall'Iran che lo è pure religiosamente, ma in ogni modo, a Tel Aviv, qualcosina di 'religiosamente scorretto' la applicano, seppur all'interno dei propri confini e senza mai nessuno lo abbia rilevato o stigmatizzato.
Un esempio? È mai possibile che cittadini Israeliani, con tanto di nazionalità e passaporto, qualora non si ritrovassero ad essere dichiaratamente osservanti della religione ebraica, sono esenti dalla coscrizione militare obbligatoria, differentemente da chi è israelita?
Orbene, possiamo chiamare ciò democrazia? A ciascun di voi la risposta, attenendomi -benché io abbia un'idea giusta e ben precusa- dal suggerire alcunché.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736