di VINCENZO SPEZIALI
C'è qualcosa in qualcuno, che quando lo conosci non ti abbandona mai, ovvero la positiva sensazione, sprigionata o provata.
Così è per me, nel ricordare, con commozione, Lanfranco Calderazzo, un caro amico -benche` non lo vedessi da tempo (e ora me ne dispiace e me ne pento!)- oltre ad essere stato un pregevole e appassionato politico, che ha servito la politica, senza mai servirsene. Anzi, a dirla tutta e sino in fondo, Lanfranco ha 'dato' molto e sempre in modo appassionato, disinteressato, con la sua grande carica di umanità, che lo rendeva un unicum (diverso ma migliore) nel mondo dei figuranti.
Ho ricordi dolcissimi e bellissimi, soprattutto nel periodo di ormai ventidue anni orsono, allorquando assieme ad un altro caro amico scomparso (e di intelligenza ineguagliabile come pochi), ovvero Achille Tomaino, impugnammo le bandiere centriste, rappresentandole nella competizione elettorale del 2001, con Lanfranco candidato alla Camera di Catanzaro, Achille al Senato ed io al Proporzionale dietro Armando Veneto ed in più al Comune di Catanzaro.
Fu una battaglia entusiasmante, laddove per certi versi venne considerata di testimonianza ideale, proprio perché la nostra formazione -ispirata da Giulio Andreotti, Sergio D'Antoni e Ortensio Zecchino- si riproponeva di rappresentare un baluardo di buon senso e di residua democristianita`.
Aderii pure io a tale progetto, poiché il mio 'Divo Giulio' con Sergio e Ortensio, mi coinvolsero dall'inizio, ma soprattutto Andreotti -facendo leva sul fatto che mio nonno e Franco Evangelisti furono i suoi primi parlamentari di riferimento- dicevo soprattutto Andreotti, con il garbo infinito che lo contraddistingueva, ne aveva parlato con Arnaldo Forlani, Gianni Prandini, Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, alfine di farmi dare il loro via libera, in quanto sapeva benissimo che io mai avrei abbandonato la mia coerente appartenza alla 'componente' di Arnaldo, allora operativa, ma nel CCD, dalla cui unione con il CDU e con questa formazione a trazione 'andreottiana' (Democrazia Europea, si chiamava), nacque l'UdC.
Ad onor del vero, furono Francesco Cossiga e Lillo Mannino, che convinsero Arnaldo a 'darmi il consenso' (senza che io brigassi affatto!), dicendogli che questa poteva essere la strada per portarmi in Parlamento, visto che fa Forza Italia -allora detentrice della vita e del futuro di molti 'politicanti', giammai politici come me- non aveva intenzione di sentirmi nemmeno nominare (grazie a Dio, così ho continuato a studiare e a dimostrare di essere migliore di quasi tutti gli effimeri 'abusivi delle istituzioni').
Di conseguenza, coinvolgemmo, immediatamente e da subito, Franco Petramala, Lucio Dattola, Franco Quattrone, Lillo Manti, Toni Murmura, Elio Vitale, Enzo Mollare e, per l'appunto, Achille Tomaino e Lanfranco.
Fu proprio, in quel periodo, grazie a loro, che iniziò il mio rapporto umano, personale e poi, solo poi, politico, con un altro galantuomo di cui sono amico con orgoglio e dignità, cioè Mimmo Tallini, così come grazie a quella esperienza comunale ho avuto modo di rapportarmi con Sergio Abramo (amico di mio padre, ma al quale feci opposizione, costruendo soltanto dallo scorso anno un rapporto di umanità', che difendo, lo rivendico ribadendolo e di cui sono grato, perché è un altro vero signore!).
Lanfranco era felice in quei giorni, entusiasta di poter dare il suo contributo politico e culturale, al punto che ricordo un viaggio a Palermo per incontrare D'Antoni, che facemmo lui, Achille io e Franco Petramala, laddove giungemmo e passammo la notte in un hotel meraviglioso, proprio innanzi al Teatro Massimo, trovato proprio da Calderazzo.
Così come, non posso sottacere né obliare, la lusinghiera emozione, soprattutto quella di Lanfranco, durante il comizio elettorale al Teatro Comunale, che facemmo tutti assieme a Giulio Andreotti, il quale scese a Catanzaro, proprio per l'occasione: fu un tripudio, un strepitoso successo, che Lanfranco si godette, alzandosi -come era solito fare, con dolcissimo incedere dell'indice e del pollice- gli spessi occhiali, che non celavano i suoi bellissimi occhi.
Ecco, adesso, cominciano a sgorgarmi le lacrime, qualcuna solca le guance e penso a Lanfranco, al suo modo di essere dolce ma fermo, tenero ma risoluto, morale e non moralista, ma soprattutto quello di un uomo e un signore perbene.
Mi fermo qui, perché è dura, veramente dura, pur se tutto ciò fa parte della vita, anche la stessa morte dei nostri cari come di chiunque, la quale, per chi crede, nemmeno esiste.
Ciao, Lanfranco!
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