di VINCENZO SPEZIALI
La stanza, in un luogo imprecisato (ancora oggi non vi è certezza assoluta di dove fosse 'recluso', da quelle canaglie dei brigatisti), vede il Presidente con uno sguardo composto, seppur triste e dignitoso.
Timore no, non ne ha -come potrebbe averne un credente, il quale ha vissuto da santo e sa che potrebbe morire da martire?- però malinconia, nonché disincanto, questo si: i suoi aguzzini (altro che valorosi rivoluzionari, in nome e per conto di un popolo che non li segue e che da costoro non si sente e non vuole essere rappresentato), cioè i suoi carnefici, stanno perpetrando il 'vilipendio', non solo dell'uomo, bensì dello Statista e dell'intera Repubblica.
La Polaroid, per la foto del macabro rituale è pronta, così come lo stendardo (più macabro che beffardo), posizionato alle spalle -quasi fosse una tetra scenografia- dell'illustre 'prigioniero'. Ovviamente, prigioniero non politico, bensì di assassini criminali, piuttosto che di invasati sovversivi.
Seconda scena: Genova, Via Fracchia 12, prime luci del 28 Marzo 1980.
Questa volta si conosce luogo e ora di quando lo Stato prende posizione e riconquista, lecitamente, il proprio territorio insidiato.
L' eroe italiano per eccellenza, ovvero il Generale, guida i suoi uomini alla riscossa: non è una guerra che si combatte, poiché le Istituzioni sono più forti -non cedono a tali provocazioni- e comunque non l'abbiamo dichiarata, semmai, in quel tempo, fummo minacciati e prima ancora insultati!
I nostri Carabinieri, anzi quelli del Generale che ne era alla testa, irrompono nel covo, sgominano i fuorilegge (furono loro a sparare per primi, ferendo un maresciallo) e lui, proprio lui, l'eroe (che, purtroppo, in un futuro non lontano da quel giorno raggiungerà il Presidente), plasticamente, visivamente, materialmente, dà dimostrazione che lo Stato c'è, eccome.
Restituisce dignità a periti e feriti, ripaga con la stessa moneta -ma in modo dignitoso e autorevole- la banda dei criminali, facendosi fotografare alle sue spalle con il loro logo di morte, lanciandogli, non la sfida, bensì un monito: "ogni crimine verrà perseguito"!
Grande Generale, apoteosi di uno sguardo in foto che -come poteva essere dal vivo- ti squadrava e ti inceneriva, se qualcuno minacciava popolo e nazione.
Il Presidente e il Generale, vite e sorti intrecciate, al punto che solo l'Eroe cercò di fare il possibile e l'impossibile, a favore dello Statista, proprio per indagare, ricercare ed infine la sua vita salvare.
Due persone (ed infatti "ogni persona è un universo" diceva il Presidente), ma la stessa dimensione -in e per ossequio alle istituzioni- ed entrambi incarnano le storie più belle e più intense di questa nostra patria.
La grandezza di due giganti, che ho modo di riscontrare nelle loro di figlie, ovvero Maria Fida e Simona, e nei loro nipoti, Luca e Giuseppe.
Tralascio sfoghi di sofferenza di Maria Fida e Luca, poiché vi è un concentrato di dolore e di assurdo accanimento verso i deboli che non sono sconfitti, ed incedo su Simona e Giuseppe, alfine di dare conto di quel grande insegnamento della vita oltre la morte.
Simona appunto, che conosco da bambino e con la quale abbiamo passato i Capodanni in Sila, quindi con Giuseppe, compagno di scuola, nel giorno della nostra Prima Comunione.
E poi, i sentimenti verso loro due e verso Maria Fida e Luca, oltre al ricordo, alla devozione, all'esempio, dei nostri 'grandi', i quali sono in primis dei loro familiari, però -con discrezione, orgoglio, umiltà e sincerità- appartengono financo ad un'Italia che non si rassegna, che li ha a vanto, che li ricorda, li rispetta e non molla, non vuole mollare. Non intende farlo e non lo farà: mai!
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