di VINCENZO SPEZIALI
La Chiesa di S. Andrea in via del Quirinale, a Roma, è gremita. Ci siamo tutti o quasi: manca solo chi non è potuto venire per motivi seri, oppure chi non c'è più, ma vive sempre vivo, nei cuori di ciascuno di noi.
Arrivo, relativamente, in anticipo e di già, sul sagrato, scorgo i primi volti di tanti e cari amici, i quali rappresentano l'imprinting della mia vita Te Deum Laudo: grazie per avermi dato e plasmato, in guisa Dc!
La Chiesa, cioè il nostro luogo di culto, è bellissima, come qualsiasi Chiesa in cui incede un credente qualunque, epperò questa è davvero incantevole, con la sua particolare forma senza navate, ma dal perimetro ellittico, il quale richiama un luogo di tal certo non so che pagano, mirabilmente adornata da un magistrale Bernini.
Era la Chiesa frequentata dal mio amico Enzo Carra, fior di giornalista politico e culturale, intellettuale finissimo, integerrimo nella sua morale, Capo Ufficio Stampa della Segreteria Politica Democristiana, parlamentare per tre legislature, ma soprattutto, essenzialmente, non per ultimo, bensì per più importante, uomo giusto e vero, cioè 'magister' di grande scuola.
E io, a pensarlo, con l'immagine impressa nella mente, andando con il pensiero all'ultima volta in cui l'ho visto -ovvero quattordici ore prima che spirasse- nella sua stanza d'ospedale, quando mi fissò con gli occhi di sofferenza e dignità, donandomi il suo sguardo dolce, persino gioso di vedermi e sorridere alle mie solite battute, nel mentre gli dicevo -con un forzoso e intimamente doloroso, personalissimo cabaret (per non impressionarlo: ma ci sarò riuscito?)- "coraggio Enzo, stringimi la mano". Ecco, vedo Pier (Casini), ci salutiamo e poi scivolo verso un posto in cui allocarmi, non senza aver scambiato gli abbracci di rito -sentiti come non mai- con Olga (la vedova) e Giorgio (il figlio di Enzo). Già Giorgio, quante volte abbiamo parlato e ci siamo visti, soprattutto per non lasciarlo solo a ' vivere o gestire' questo strazio, da cui, Marco Forlani (principalmente, Marco), ma anche Enzo Scotti, hanno cercato di alleviarglielo, per come si poteva fare.
Esco dalla Sacrestia, dove i familiari di Enzo Carra si sono 'rintanati' per qualche istante, prima della funzione religiosa, assieme ad Enzo Scotti -mio padrino di cresima e prof all'università- proprio per cercare un posto ed incrocio Gigi Meduri, assieme a Pierluigi Castagnetti. Castagnetti è svelto -con il suo garbo, con la sua umanità e con il suo dolce afflato- a dirmi "ciao Vincenzo", però si vede quanto persino lui soffra, come tutti.
Saluto, i miei 'fratelli', ovvero Luigi, Alessandro e Marco Forlani, scorgendo in ogniuno di loro una normalissima compartecipazione emotiva, soprattutto per quanto riguarda Marco.
Sempre più spesso, mi riprometto di 'non far perdere tempo a Marco' e quante volte -purtroppo?!- non ci riesco, seppur involontariamente.Marco, al netto delle battute tra l'ironico e il finto insolente, mi vuole un bene immenso, ed io gliene voglio altrettanto: Marco c'è sempre, per ciascuno di noi, ma per me soprattutto (avendomelo dimostrato in mille e più occasioni!). Con 'Marcolino' facciamo il nostro solito 'duetto' e lui che dice "...Vince`...placate", facendo fuoriuscire il suo sorriso sardonico, ed di rimando a rispondergli "a Marco, pure se semo in Chiesa, te ce manno". Il tutto, sotto gli occhi di Renzo Lusetti. A proposito di un Marco, c'è pure il mio 'collega' (nonché illustre predecessore) Follini: ci abbracciamo con affetto, scambiandoci il nostro ricordo su Enzo, il quale, affascinava sia me che lui, pure per il suo spessore culturale.
E poi ci sono Flavia Piccoli, Raffaele D'Ambrosio, Gianpaolo D'Andrea, Elio Pasquini, Peppino Gargani, Antonello Soro, Mario Tassone, Nino Gemelli. C'è anche chi non appartiene alla nostra storia culturale, ovvero Ferdinando Adornato.
Un attimo, mi fermo all'istante, è arrivato Bobo Craxi, mi stringe con amicizia, al pari di quanto fa sempre e a lui dico: "Bobo, grazie di essere qui, perché tu sei parte di noi e noi siamo parte di te. Tuo padre è dei nostri, seppur nel campo dell'alleato, però nei cuori non è tale. Semmai era tra i migliori di questa nostra storia comune".Bobo mi sorride, mi accarezza con la sua costante dolcezza e va da Olga e Giorgio, mentre io saluto Marianna Madia, la mia cuginetta con la quale ci scambiamo il segno sincero della pace -durante la Messa- con me che teneramente, le sfioro il volto dopo averle stretto la mano, baciandogliela.
Cosa aggiungere? Siamo ancora tutti qua (e per dirla alla Vasco Rossi..."eh già!"), ciascun di noi con il suo ricordo, tipo il mio, ovvero quando Enzo, con il suo fare gentile, protettivo e paterno, durante la costituzione dell'UDR, mi consiglio` di non essere così "istituzionale nel modo di abbigliare: sei un ragazzo" -difatti, essendo il 1998, avevo ventiquattro anni- "comincia ad indossare pure un tweed inglese, qualcosa di meno serioso"!
Lo feci, poiché capii al volo, che mi istruiva, accompagnandomi, in questo nuovo mondo (che in fondo in fondo, non apprezzava, ma in cui, inevitabilmente, dovevamo vivere), dove purtroppo l'immagine, conta più della sostanza strutturata.
Enzo Carra, non ci lascia, non ci abbandona, come ha detto nella sua orazione un bravissimo Francesco Giorgino, per noi credenti, difatti, non è un addio. È un arrivederci, poiché rimane qui. Nella stanza accanto!
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