di VINCENZO SPEZIALI
"Lo ricordo bene quel giorno di inizio Febbraio, nel 2009: è come se fosse ora!
Dentro la macchina blindata, in cui eravamo Amine Gemayel ed io, stavamo al centro del convoglio protettivo.
Fuori la cancellata della Farnesina -cioè il palazzo di architettura fascista (maestoso e, stranamente aggraziato), sede del Ministero degli Esteri italiano- le auto di scorta si fermano, ovvero sia le 'avanguardie' con supplementari motociclette della polizia (tipiche del procollo d'onore, che il codice diplomatico, riserva ai Capi di Stato, quale è anche Amine), sia le 'retroguardie', ovvero quelle che chiudono il corteo a protezione: strana liturgia laica, ripetuta e rivissuta, pedissequamente, allorquando siamo in Libano o visitiamo qualsiasi Paese al mondo!
Solo la vettura in cui siamo noi, dunque, entra nel relativamente angusto cortiletto, cioè quello riservato ai Presidenti della Repubblica e ai Primi Ministri, oltre che all'omologo del 'padrone di casa', cioè il titolare italiano degli Affari Esteri.
Amine mi precede -ovviamente- atteso dai funzionari in livrea, i quali scortano lui, me, il Ministro libanese Selim Sayegh, assieme al caro Charbel Jemma, fin dentro la sala riunioni al primo piano. Ad attenderci, li, in quel salone prorompente e pomposo (ma elegante, veramente elegante), c'è lui, Franco Frattini, Ministro in carica, con il suo eterno sorriso da bravo ragazzo.
Lo rivedo ancora, con la sua 'grisaglia grigia' di ordinanza -tipica delle ore diurne, quando poi, lasciava il posto, come impone il galateo, al blu royal, di sera. Cosa volete? Noblesse oblige!- e Franco ci accoglie con l'attrettanta padronanza che aveva del Francese ('impeccable', avec allure), rivolgendosi: "Cher Monsieur le Président Gemayel, quel grand honneur de vous recevoir".
Poi, d'un tratto, volge lo sguardo verso di me, sorridendomi, con un modo di fare al solito suo, gentile, discreto, educato, pieno di stile eppur sincero, dicendomi: "Vincenzo, tutto bene? Il Presidente è soddisfatto dell'assistenza protocollare? A proposito, do anche a te l'elencazione definitiva degli altri appuntamenti ufficiali. È tutto confermato, dopo di qui, sarete al Quirinale per il bilaterale con Il Presidente Napolitano e poi a seguire la colazione ristretta".
Da parte mia non potei che confermare e ringraziare, quindi iniziammo l'incontro con lui e poi, nello stesso giorno e in quelli a seguire, con tutti gli altri. Era, anche così Franco, non per algida albagia, ma per un ossequioso rispetto delle istituzioni, le quali sapeva di ben rappresentare e lo faceva nel modo migliore, con una scrupolosità 'professionnale', giammai maniacale, poiché è persino e soprattutto un dettame costituzionale.
Difatti, recita l'art. 54 della nostra 'Carta' (la quale conosceva benissimo, pure in virtù della sua preparazione e formazione giuridica, che lo fece essere il più giovane Consigliere di Stato): "...i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore..." Che onore ha rappresentato e quanto ne ha dato, il mio amico Franco.
Durante questi anni, siamo sempre rimasti in rapporti cordiali e personali, al punto che anche sua moglie Stella, venne a Beirut da sola e mia moglie le fece da 'cicerone' in Libano. E già, i nostri rapporti, le tante occasioni di convivio, come la notte delle elezioni comunali a Roma, nel 1997, quando da candidato capolista, attendemmo assieme a mio cugino Giuseppe Siciliani -suo amico e collega in Parlamento- i risultati a casa di Luca Danese (pure lui Deputato e nipote del 'Divo Giulio', cioè Andreotti), ed eravamo noi quattro da soli, a farci battute, nel mentre preparavamo i comunicati, a secondo dell'esito, tra mille risate.
Non racconto il nostro ultimo incontro e comunque al pari di tanti se non di tutti, non mi fece cenno del suo calvario, il quale oggi sappiamo esser stato dignitoso come pochi al mondo sanno fare e sanno essere.
Era la riservatezza di Franco ad imporre ciò, in primis a lui stesso e la cosa non meraviglia affatto noi che lo conoscemmo e gli fummo amici: ha ragione Guido Crosetto -altro grande (...in tutti i sensi!) comune amico- allorquando afferma "ci hai lasciato, nella notte più speciale dell'anno, perché sei stato una persona speciale"!
Cosa resta ora, adesso?
Tanto, tantissimo, ma soprattutto Il ricordo di un caro amico, brillante, colto, elegante. Ma rimane pure l'omaggio ad un uomo vero, il quale ha percorso il suo ultimo miglio di vita terrena, pur nella sofferenza da lui provata, sempre con il suo sorriso sulle labbra, magari da dispensare a chi era con lui. Non è immaginazione la mia: so che è andata così!"
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