L'evento avrà luogo a Villafalletto (Como)
19 settembre 2023 18:02Quello di Vincenzo Ursini è certamente un ritorno letterario straordinario, dopo i numerosi successi conseguiti appena ventenne negli anni ’70; anni durante i quali aveva vinto alcuni dei più importanti concorsi di poesia.
Adesso, con i volumi di poesia “Eravamo comunisti” (novembre 2022) e “Mio Sud” (marzo 2023), lo scrittore catanzarese ha già vinto i premi “Terra d’Agavi” di Gela e “Aspromonte” di Molochio, nonché il premio della critica al “San Domenichino”, mentre con il suo primo romanzo “La ritornanza”, in soli sei mesi, si è già aggiudicato tre prestigiosi concorsi di narrativa inedita, ottenendo parole di plauso e complimenti da qualificati giurati che lo hanno definito “fine cesellatore della parola”.
Con “La ritornanza”, sabato 23 settembre, alle ore 10:00, Ursini riceverà, presso il comune di Villafalletto (Cuneo), il premio letterario ANPCI, promosso dalla segreteria nazionale dell’Associazione Piccoli Comuni d’Italia, presieduta da Franca Biglio, con l’obiettivo di “dar voce ai piccoli borghi, attraverso la scrittura”.
I lavori della premiazione saranno coordinati dal giornalista Francesco Cerisano del quotidiano “Italia Oggi”, mentre il prof. Francesco Garofalo, presidente della giuria, svelerà le motivazioni che hanno portato alla selezione delle opere vincitrici.
Il paese descritto da Ursini, senza mai citarlo, è Petrizzi, piccolo borgo sito a 356 metri sul livello del mare, distante una manciata di chilometri da Soverato. È il luogo nel quale lo scrittore ha ambientato la storia del protagonista, un noto professore universitario che alla fine della vita torna tra “le sue colline e i suoi campi”.
«È la nostra memoria a definirci? E quanto - si chiede lo scrittore - i ricordi scolpiscono le nostre anime?» Per Ursini ricordi e memoria sono i “mattoni” del nostro essere, i giorni del nostro vivere.
«Ursini – scrive la giornalista e scrittrice Bianca Folino – vuole offrire al lettore uno spunto di riflessione su questi temi, andando oltre il concetto tout court di “memoria” per arrivare a quello di “radici”, inteso come origine nostra e del mondo così come lo conosciamo. Quattordici racconti che si presentano, in realtà, come altrettanti capitoli di un romanzo in cui il protagonista, un docente universitario, torna dal Nord al suo paese d’origine, in Calabria, alla ricerca di sé stesso. Il paese natio, un borgo dove tutti si conoscono, dove le fiere patronali sono un momento di incontro e socializzazione, dove la comunità è quella che ti sostiene, anche se talvolta in modo piuttosto invadente. Il protagonista vive una specie di ambivalenza, in questo ritorno: tanti anni prima se ne è andato per una vita migliore della quale, però, non parla mai nei racconti, preferendo invece sottolineare gli affetti presenti e quelli del passato. Primi fra tutti i genitori, radici di ogni esistenza, padre e madre, il primo scomparso prematuramente e la seconda devota e in contrasto con i discorsi della sede del Partito Comunista, dove da ragazzo il professore andava e dove incontrò il suo primo amore, Maria».
I ricordi del protagonista si tingono spesso di malinconia fino ad arrivare ad un vagheggiato passato “migliore” e a un presente contraddistinto solo dall’apparire e mai dalla generosità e dalla condivisione che prima erano quotidiane, perché “chi aveva di più, dava a chi era meno fortunato”. “Perché dovrei essere qualcuno, quando posso essere me stesso?”, si chiede ad un certo punto il narratore, come se l’autenticità si trovasse proprio in quel piccolo paese e nei borghi limitrofi, nelle esperienze del passato e nel primo amore che sarà l’anello di congiunzione, ciò che alla fine pacificherà il protagonista rispetto a tutta la sua vita. Il professore ritroverà, infatti, Maria e con lei ricomincerà da dove si erano lasciati, a partire da un tavolino del bar della piazzetta.
«È interessante notare - continua Bianca Folino - come la memoria venga attivata non solo dal racconto delle attività quotidiane, ma anche dalla descrizione di paesaggi, colori, sapori e odori delle cose e delle stesse pietre, che vengono interrogate quasi avessero un’anima. Il ritmo del narratore rallenta, come se volesse coinvolgere il lettore in questa operazione di recupero dei ricordi, nell’atmosfera del passato e nelle emozioni che questo suscita. Anche la musica (da quella di De André fino a Toni Dallara, passando per Mina e Celentano) si adatta alla perfezione nel costruire la colonna sonora di quel vissuto, come una cornice della memoria».
Non mancano gli intermezzi comici, tipici aneddoti di paese, come accade nei racconti “Nicolino” e “Gli spiriti della Provvidenza”, all’insegna dell’ironia che alleggerisce le difficoltà che spesso accompagnano il vivere delle persone umili.
E alla fine quello che trionfa è l’amore: per la propria terra e le proprie origini, per i genitori e anche per la donna di un tempo, Maria, una donna piena di passione, non solo per la politica, ma per la vita stessa. Perché la ritornanza è anche questo: si torna a sé stessi e alle radici che ci hanno permesso di essere chi siamo oggi.
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