Il Consiglio di Stato, con decreto a firma del Presidente Giancarlo Montedoro, ha sospeso il decreto della soprintendenza con cui si poneva il vincolo culturale, congelando la delibera del Consiglio Comunale di Catanzaro con cui era stato proposto al Ministero l’esercizio del diritto di prelazione sul Cinema Orso.
Il Consiglio di Stato ha dunque accolto il ricorso proposto da Accamedia S.r.l. rappresentata dai legali Alfredo Gualtieri, Demetrio Verbaro, contro il Ministero della Cultura, il Segretariato Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Catanzaro e Crotone e il Comune di Catanzaro, per la riforma dell'ordinanza cautelare del Tar per l'annullamento previa sospensione del decreto con cui il Segretariato Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura ha dichiarato il “Cinema Orso” come “di interesse particolarmente importante” e lo ha “sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute” nel decreto legislativo 22.1.2004, n. 42.
La decisione, assunta nelle immediate 24 ore, dal Presidente Montedoro, guarda in premessa al fattore secondo cui "l’amministrazione statale ben puo` imporre il vincolo culturale anche quando un manufatto risulti oggetto di parziale o anche di quasi totale rovina e si intenda comunque tutelarne le vestigia, sia quando la ricostruzione per un qualsiasi accadimento non abbia luogo, sia quando essa abbia luogo, poiche´ i beni aventi un rilievo artistico, storico o archeologico nel corso del tempo subiscono lenti degradi ovvero traumatiche rovine per eventi naturali o altre cause, e` del tutto ragionevole che l’Amministrazione statale imponga il vincolo su cio` che resta ovvero su cio` che e` stato ripristinato o ricostruito" e ritiene inoltre che "la culturalita` puo` postularsi astrattamente anche in relazione a beni di interesse storico locale quale un cinema frequentato da una comunita` nel secolo scorso ma che nella specie il rudere viene ritenuto dalla societa` appellante manifestamente poco significativo".
Tuttavia, viene indicato nel dispositivo, "ferma la culturalita` del bene che impone al privato di non alterarlo nelle more del giudizio, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, si prospetta allo stato un danno in relazione al fine di evitare che si consolidi un assetto di interessi prima della pronuncia cautelare di delibazione collegiale che deve affrontare il tema della proporzionalita` del provvedimento dichiarativo dell’interesse culturale" e inoltre, che "dall’esercizio del diritto di prelazione deriverebbero effetti certo superabili da una sentenza di annullamento ma che potrebbero condurre a pregiudizi patrimoniali consistenti anche se allo stato non precisabili a carico dell’amministrazione ove – stabilizzatasi una certa situazione proprietaria nel corso del giudizio per effetto di atti amministrativi imperativi adottati prima della cautela - il ricorso venisse poi dopo anni accolto nel merito".
In conseguenza di ciò, per il Consiglio di Stato nella persona del suo presidente, sussisterebbe "un danno di estrema gravita` ed urgenza in dipendenza di un possibile esercizio del diritto di prelazione prima della celebrazione della camera di consiglio e che nessun pregiudizio puo` seriamente derivare da un temporaneo congelamento del procedimento".
Il termine per l’esercizio della prelazione riprendera` a decorrere dalla comunicazione del provvedimento di rigetto della cautela.
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