di STEFANIA VALENTE
25 novembre 1960: uccisione nella Repubblica Dominicana delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche, perché considerate rivoluzionarie.
Un giorno, un mese per ricordare a livello internazionale la necessità di eliminare l’ancestrale violenza contro le donne e per ripercorrere le tappe di un cammino che, dal 1979 (data di adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della CEDAW) ad oggi, purtroppo registra ancora, nonostante l’irrefutabile progresso compiuto sul piano dell’emancipazione delle donne, alti tassi di discriminazione nei loro confronti, così come rilevato dal Global Gender Gap Report delle Nazioni Unite. Dalla violenza domestica alla violenza di genere fino ad arrivare a condotte più strettamente legate a specifici contesti culturali come le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e i delitti commessi in nome del cosiddetto “onore”, la violenza sulle donne, quale grave violazione dei diritti umani, assume le forme di una coartazione fisica, psicologica, sessuale, economica. Ed è significativo che nel preambolo della Convenzione di Istanbul, riconosciuta la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere e in quanto manifestazione dei rapporti storicamente diseguali tra i sessi, “l’elemento chiave per prevenire la violenza” risulta essere “il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto”.
Dal report annuale del Viminale emerge che tra il primo agosto 2021 e il 31 luglio 2022 sono state uccise 125 donne mentre sono diminuite le denunce per stalking. Molte donne sono vittime di continue molestie, pedinamenti, messaggi telefonici, aggressioni fisiche e verbali o perpetrate attraverso strumenti informatici o telematici che le pongono in un grave e perdurante stato di ansia o di paura. Essendo il versante probatorio, in materia di stalking, alquanto delicato e insidioso, la giurisprudenza ha dato vita a un vero e proprio statuto della testimonianza della persona offesa nel senso di ritenere sufficiente a fondare una pronuncia di condanna la deposizione della persona offesa, vagliatane chiaramente l’attendibilità, anche quando costituisca prova unica.
La giurisprudenza ha ritenuto, inoltre, che integri gli estremi del reato il sorvegliare o il farsi comunque notare, anche saltuariamente, nei luoghi di abituale frequentazione della persona offesa, nonché il porre una condotta molesta, anche attraverso un’assillante comunicazione di messaggi di contenuto persecutorio, ingiurioso, minatorio, nei confronti di soggetti legati alla vittima da rapporti qualificati.
Ma perché sono diminuite le denunce per stalking? Si può ipotizzare che ciò dipenda sia dalla scarsa fiducia nel sistema giudiziario perché non in grado di applicare le norme in modo tempestivo e adeguato e, del resto, il consistente numero di donne uccise è indicativo del fallimento delle autorità statali di proteggerle adeguatamente, sia dalla paura di subire l’atavico stereotipo di genere, frutto di orientamenti socio-culturali ancora radicati nella società, che individua paradossalmente nella donna la causa della violenza perpetrata ai suoi danni, secondo la sempreverde massima sessista: “se è successo se l’è cercato”. Con due recenti sentenze (n. 23735/19 e n. 32715/19) la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha, infatti, condannato l’Italia, nonostante l’adeguatezza del quadro giuridico nazionale, per inosservanza del dovere di effettuare una valutazione immediata e proattiva del rischio di reiterazione della violenza oggetto di plurime denunce e di adottare misure operative e preventive per limitare il rischio di reiterazione delle condotte, scaturenti anche da una non sufficiente competenza e formazione professionale di tutte le figure coinvolte nel settore giustizia nel cogliere la natura e il potenziale lesivo di tali forme di violenza.
Per far fronte a queste esigenze il legislatore italiano è intervenuto sulla disciplina del codice penale e sul procedimento penale, con il c.d. Codice rosso ma solo la prassi applicativa dei prossimi anni ci dirà della bontà dell’attuale riforma e della sua concreta capacità di avversare tale fenomeno, auspicando noi, medio tempore, che azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica finalizzate alla prevenzione della violenza, attraverso il contrasto agli stereotipi di genere, promuovano una cultura del rispetto della donna e la stigmatizzazione di qualsiasi forma di coartazione.
Una legge non ha senso se non è l’espressione di un’esigenza morale fortemente sentita dalla collettività.
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