di CARMINE MUSTARI
Da oggi e virtualmente il museo civico di Taverna avvia la decima mostra virtuale. Un progetto che nasce come premesso, nell’ambito delle iniziative culturali del museo civico, e che inserisce anche il progetto di divulgazione dei tesori museali di Taverna, con il principale compito istituzionale di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico comunale e della città di Taverna, aderendo al progetto nazionale del Mibact “La cultura non si ferma!”, aderisce quindi, e avvia alla programmazione divulgativa di una serie di mostre virtuali, attingendo prevalentemente agli archivi in collaborazione con gli artisti in essi documentati.
"La General Assembly di ICOM a Vienna, il 24 agosto 2007, riporta la più recente definizione di museo – ad affermarlo è Giuseppe Valentino direttore del museo civico cittadino – la definizione dell’istituzione viennese recita: “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto”. Ricordando le cifre basilari di questa “missione”, divulghiamo il decimo evento virtuale 10X dedicato alle suggestive immagini fotografiche di famiglie e persone emigranti da Taverna negli anni 1928-1934; un particolare frangente storico - conclude Valentino - che riemerge nella lettura di volti ed emozioni ormai scomparsi".
Questa ultima mostra virtuale va letta come evento poiché rappresenta certamente un patrimonio fotografico che ricostruisce una serie di immagini che raffigurano gruppi di famiglia, e singoli personaggi, ove è facile capire le origini umili e quelle invece di personaggi che appartengono ad un ceto sociale più agiato, immagini che ci narrano della vita anche attraverso l’espressione de volto, infatti, è possibile quasi leggere in alcune espressione persino una sorte di paura o quanto meno di timore reverenziale nei confronti dell’apparecchio, ricordiamo che siamo agli albori della fotografia, mentre in altre foto, quasi come accadeva per la ritrattistica pittorica, si nota l’austerità e la non celata espressione di alterigia. Sono immagini comunque che ci restituiscono la realtà di un tempo, uno spaccato della tavernesità, un viaggio antropologico che parla di agiatezza, di povertà, di ricordi legati alla storia di un fenomeno come quello dell’emigrazione che purtroppo come ben sappiamo è destinato a crescere anche nel contemporaneo.
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