"Al posto sbagliato", al Ptu dell’Unical il Teatro Rossosimona porta in scena la tragedia dei bambini vittime di mafia

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"Al posto sbagliato" in scena al Piccolo Teatro Unical

La pièce ispirata al libro di Bruno Palermo vuole educare alla memoria e all'impegno civile

  24 gennaio 2020 12:02

di GIORGIA RIZZO

Sono 108 nomi, 108 storie di bambini e ragazzi uccisi in agguati mafiosi. E' una realtà cruda quella prima scritta e poi rappresentata in "Al posto sbagliato. Storie di bambini vittime di mafia", ultima produzione del Teatro Rossosimona, ispirata all'omonimo romanzo di Bruno Palermo, edito Rubbettino. 

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In scena ieri sera sul palco del Piccolo Teatro Unical, dopo il debutto al Teatro della Maruca di Crotone, Francesco Pupa, insieme attore e regista. Con la sua azione teatrale ci porta dentro i terribili eventi in cui giovanissimi innocenti hanno perso la vita, oltre il documento scritto e le testimonianze orali. Ad essere sfatato è il mito del codice d'onore mafioso, l'idea che la mafia non uccida donne e bambini per imperativo morale. Una leggenda sfatata dai fatti e dalla storia. 

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Fazzoletto rosso al collo e accento siciliano, Pupa ricorda tra le tante anche la vicenda di Portella della Ginestra, strage politico-mafiosa avvenuta in Sicilia durante la celebrazione del primo maggio del '47. A perdere la vita contadini, donne e bambini, quattro vittime dagli otto ai quindici anni. 
Stessa sorte ebbe Nicholas Green, che a sette anni, in vacanza con la sua famiglia, venne raggiunto da un proiettile mentre si trovava sulla Salerno - Reggio Calabria. 

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Certo non meno crudele la storia di Cocò Campolongo, morto carbonizzato a tre anni nell'auto del nonno, vero bersaglio dei clan di Cassano dello Ionio, che pensò di utilizzarlo come scudo.
Un'altra esecuzione cruenta ha coinvolto poi Angelica Pirtoli, di soli due anni, uccisa insieme alla madre dalla mafia salentina, non risparmiata per volere dei boss.

Tutti "colpevoli" di trovarsi al "posto sbagliato" nel momento sbagliato. Per casualità, per volontà altrui. Non certo per responsabilità. 

Teatro come rievocazione, omaggio, dunque. Ma soprattutto memoria operante. Che, come sottolineano Palermo e Pupa, deve trasformarsi anzitutto in impegno.  

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