Avrebbe reso false dichiarazioni per ottenere il gratuito patrocinio: assolto un detenuto a Cosenza

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images Avrebbe reso false dichiarazioni per ottenere il gratuito patrocinio: assolto un detenuto a Cosenza
Tribunale di Cosenza
  24 gennaio 2024 15:57

Era stato accusato dalla Procura della Repubblica di Cosenza di aver attestato falsamente la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed in particolare per aver dichiarato un reddito annuo, risultante dall'ultima dichiarazione presentata e in relazione al proprio nucleo familiare, inferiore al limite per l'accesso al beneficio, nonostante avesse percepito un reddito complessivo di pari a 19.314,13 euro nell'anno 2021. Con l'aggravante di aver ottenuto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e con la recidiva reiterata e specifica. Si tratta di C.M., 49 anni, di Bonifati, all'epoca dei fatti detenuto presso la Casa Circondariale di Paola. L'uomo, difeso da Simona Socievole ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, il 17 gennaio 2023 aveva presentato una istanza al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza per ottenere il gratuito patrocinio in relazione ad un procedimento per la concessione della liberazione anticipata. 
 
Ottenuta l'ammissione, gli atti vennero inviati per gli accertamenti di rito alla Tenenza della Guardia di Finanza di Cetraro la quale, appena ultimati gli stessi, comunicò che C.M. non aveva diritto al gratuito patrocinio in quanto aveva percepito un reddito che superava il limite stabilito dalla legge, sollecitando la revoca. Per tale motivo il Magistrato dispose la revoca del beneficio, trasmettendo gli atti alla Procura di Cosenza per quanto di competenza. Il Pubblico Ministero Bianca Maria Battini, sulla base degli accertamenti esperiti, chiese ed ottenne dal Giudice per le Indagini Preliminari Alfredo Cosenza, un decreto penale di condanna alla pena pecuniaria di Euro 9.150 di multa (in sostituzione della pena di mesi 4 di reclusione ed euro 150 di multa). 
 
Appena notificato il decreto all'imputato, i difensori proposero opposizione con richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione probatoria ritenuta decisiva per l'assoluzione. Infatti, C.M., nell'istanza che aveva presentato aveva dichiarato di essere l'unico componente del nucleo familiare in quanto viveva da tempo da solo e di percepire un modesto reddito, non superiore a quello previsto dalla legge per poter ottenere il gratuito patrocinio. Invece, la Guardia di Finanza, limitandosi ad acquisire un certificato presso il Comune di Bonifati, sosteneva, erroneamente, che il nucleo familiare di C.M. era composto anche dal fratello D.M., che risultava aver percepito un reddito da lavoro di 13.314,13 euro. Per cui il reddito complessivo del nucleo familiare era di 19.314,13 euro mentre non avrebbe dovuto superare quello di 11.746,68 euro. La difesa ha dimostrato che l'imputato, come dichiarato nell'istanza, viveva da tempo da solo, poiché il fratello pur mantenendo formalmente la residenza anagrafica nel Comune di Bonifati, in un immobile di proprietà della famiglia, peraltro all'insaputa dell'imputato, dimorava stabilmente a Latina, ove esercitava la propria attività lavorativa sin dall'anno 2020, per cui il reddito percepito e dichiarato dallo stesso non doveva essere computato, non essendoci convivenza.
 
Il Pubblico Ministero ha insistito per la condanna dell'imputato alla pena, ridotta per il rito scelto, della reclusione di mesi 5 e giorni 10 e della multa di euro 166,67 mentre la difesa ne ha sollecitato l'assoluzione perché il fatto non costituiva reato. All'esito della Camera di Consiglio, l'imputato, come richiesto dai difensori Simona Socievole ed Emilio Enzo Quintieri, è stato assolto dal Giudice Letizia Benigno "perché il fatto non costituisce reato" essendo stato dimostrato che C.M. non conviveva più con il fratello D.M. dal 2020, in ragione della dimora stabile di quest'ultimo lontano dalla residenza anagrafica di Bonifati per ragioni di lavoro e, per quanto riguarda il reddito dichiarato di 4.500,00 euro in luogo dei 6.000,00 euro effettivamente percepiti, si trattava di un errore dichiarativo dell'imputato, tale da non configurare l'elemento della falsità e dell'incompletezza della dichiarazione sostitutiva anche in ragione dell'esiguità della variazione patrimoniale e del fatto che i redditi effettivi non superavano il limite stabilito dalla legge per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il Giudice ha tenuto a precisare come il Magistrato procedente, nella valutazione patrimoniale dell'istante, deve valutare lo stato di fatto, oltre il dato formale emergente dalla residenza anagrafica.
 

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