“Che il cittadino, da tempo ormai divenuto, anche in sanità, “cliente”, nell’ottica della imperante e degenerata cultura “aziendalistica”, sia divenuto in realtà una pedina costretta a barcamenarsi ogni giorno nel mare tempestoso delle “incomunicabilità” di due mondi, quello della medicina del territorio e quello degli “specialisti ospedalieri”, incapaci di confrontarsi e collaborare per rispondere ai bisogni di salvaguardia della salute, è cosa oramai storicamente nota e quotidianamente verificabile. La conseguenza è che, purtroppo, il cittadino “cliente”, vittima di una esasperante (dis)organizzazione, di queste professionalità che lavorano per compartimenti-stagno e senza la necessaria e dovuta collaborazione, è sempre più spesso costretto a ricorrere alle strutture dei pronto soccorso che sono sempre più oberati da richieste incongrue che causano, fra l’altro, tanti contenziosi a causa delle lunghe ore di attesa”. Lo scrive il Comitato per la sanità pubblica di Castrovillari.
“Ciascun professionista scarica le colpe di questa situazione sulla “opprimente burocrazia” che ostacola lo svolgimento della corretta professione, ed impedisce di dare risposte adeguate alle varie esigenze sanitarie dei propri assistiti. Quali possono essere le vie di uscita da tale situazione? Come recuperare il perduto rapporto di fiducia medico-paziente che era alla base degli impegni ai quali i medici giurano fedeltà al momento della laurea? Intanto occorre che siano gli stessi professionisti, in prima persona, a recuperare quel perduto rapporto con i cittadini, oggi in crisi e senza il loro impegno a voler cambiare le cose, nulla cambierà. Il passaggio alla dipendenza, per i medici di famiglia, può essere un primo passo verso il superamento di tale situazione? Perché non attivarsi, finalmente, per la realizzazione delle Unità Complesse di Cure Primarie e le Aggregazioni Funzionali Territoriali, che dovrebbero assicurare la presenza continuativa in tutte le ore diurne dei medici di famiglia per dare risposte ai propri pazienti?”, continua.
“Perché non dare finalmente valore pratico ai percorsi che devono assicurare la continuità assistenziale tra territorio ed ospedale e viceversa? Se esistono solo ostacoli burocratici, perché questi professionisti, unitariamente non diventano, finalmente, parte attiva nel loro superamento? Potrebbe essere il passaggio alla dipendenza per i medici di famiglia una via utile a creare quei vincoli necessari alla creazione di un nuovo modello organizzativo della sanità? Sappiamo che per quest’ultima questione c’è grande dibattito perché, a parere dei medici di famiglia, si perderebbe il rapporto di fiducia tra loro ed i pazienti-clienti. Ma quando la fiducia è minata, forse servono cure drastiche. La necessità impellente è che si risolva il problema al più presto la questione dell’abbandono dei cittadini in questa giungla da cui tutti, a parole, vogliono uscire, ma pochi hanno il coraggio di fare scelte decisive. E’ necessario, quindi, che si apra finalmente un serio dibattito che affronti la questione dell’abbandono cui sono costretti i cittadini! Gli attori devono essere, in primis, i cittadini, poi le varie categorie mediche, quindi i sindaci, ed infine le associazioni dei cittadini come portavoci. Il nostro comitato è aperto ad ogni contributo affinché anche nella nostra realtà si giunga finalmente a proposte efficaci che aiutino davvero i cittadini a recuperare la perduta fiducia nelle istituzioni. Riteniamo che sarebbe cosa utile anche per i professionisti della sanità di base”, conclude il comitato.
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