Gli spazi espositivi del museo MARCA, dal 28 settembre 2019 al 22 novembre 2019, ospiteranno la mostra antologica di Gaetano Zampogna, promossa dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e dalla Fondazione Rocco Guglielmo.
L’esposizione, curata da Teodolinda Coltellaro e Giorgio de Finis e intitolata ”Nel corpo dell‘Arte ”, proporrà alla visione oltre 30 opere pittoriche, alcune di grande formato, selezionate tra le più significative della sua corposa produzione, attraverso cui l‘artista presenterà un attraversamento evolutivo del suo intenso cammino creativo che si snoda dagli anni Ottanta del secolo scorso fino a oggi. L’itinerario espositivo, infatti, offrirà alla visione le diverse fasi di ricerca dell’artista permettendo di ricostruire la sostanzialità linguistica del suo lavoro.
Prenderà avvio dalle opere realizzate con Artmedia :operazioni di saccheggio e appropriazione della realtà sociale con cui Zampogna si colloca nell‘ area d’indagine dell’appropriazionismo concettuale; proseguirà con opere in cui la puntuale interpretazione del reale diventa azione di manipolazione creativa che permette all‘artista di smascherare la potenza invasiva e pervasiva dei media nel vivere quotidiano e in cui il messaggio mediatico diventa oggetto di analisi di forte valenza etica, come in quelle che riconducono alle varie lotterie Gratta e vinci , all’Isola del tesoro, al Giocagiò, alle Carte fortunate, attraverso cui l’artista dispiega la sua raffinata partitura espressiva . Le spazialità museali del MARCA scandiranno lo sviluppo cronologico dell’opera.
Essa offrirà allo sguardo attento del fruitore una fertile dimensione conoscitiva in grado di tradurre, – come spiega Teodolinda Coltellaro nel suo testo critico- “(…) l’essenza vitale del sociale che si dà nella flagranza del suo farsi, quasi di disturbo comunicativo alla stregua dei media, del loro linguaggio che ne ripete, in una ossessiva ridondanza, la specularità esistenziale . Sottolineando che- “ Nell‘ evoluzione linguistica il lavoro di Zampogna, assume una capacità d’analisi sociale, un’ identità critica che finiscono col diventare cifra stilistica. Nelle sue opere, i segni dell’arte, in quanto portatori di una propria verità sostanziale che sottende al vero (…), riescono a demistificare il sistema di segni mediali con ibridazioni creative che ne smontano il potenziale negativo. L’opera diventa luogo d’analisi, ma anche di racconto, di narrazione che scavano nel dato oggettivo smontandolo e rimontandolo secondo regole etiche che affiorano dalle distese inquiete del proprio mondo interiore.(…)Le prime “macellerie” preludono ad uno straordinario percorso di sintesi operato nella profondità del proprio Io in cui confluisce l’Io sociale. Egli vive pienamente il proprio tempo del quale è testimone disincantato, in grado di cogliere, con la sua sintassi creativa, le discrasie interne al corpo sociale, fin nella carne. (…) Con le “macellerie” Zampogna porta in scena il corpo dell’arte, il vero dell’opera: Ecco, prendete, questo è il mio corpo! E il corpo si fa carne e si offre come possibilità di salvezza.“
Giorgio de Finis, nel suo intervento in catalogo, aggiunge : “(…) Sono i colori e i pennelli gli strumenti scelti da Gaetano Zampogna per indicarci una via d’uscita, una possibilità di salvezza, ricordandoci che l’esercizio quotidiano di un fare non utilitarista, disinteressato, “inutile”, libero, può essere la chiave per combattere le istanze disumanizzanti che ci assediano. Finché c’è l’arte c’è speranza. ”
Per l’occasione è stato realizzato un catalogo bilingue ( italiano /inglese), edito da Silvana Editoriale per la collana “I Quaderni del Marca”,contenente i testi critici di Teodolinda Coltellaro e Giorgio de Finis ed un apparato biobibliografico dell’artista.
Gaetano Zampogna
Nasce a Scido RC nel 1946. Vive e lavora a Roma
Nel 1989 è uno dei fondatori del gruppo Artmedia. In sintonia con le direttive teoriche del movimento, basate su una concezione dell’arte intesa come “appropriazione e saccheggio” di opere del Novecento, inserisce su superfici monocrome o bicrome, o supporti fotografici in Cibachrome, opere originali di artisti quali Schifano, Boetti, Lewitt ...
Dopo tale esperienza, che si conclude nel 1994, Zampogna sposta il suo lavoro verso il recupero di una pittura figurativa contaminata dalle mitologie mediatiche del nostro tempo. In un primo momento evidenziando la debolezza delle realtà percepita come produzione pubblicitaria: all’imponenza monocromatica e lunare di grandi volti anonimi sovrappone gli “avvenimenti del mondo” come finestre mediali prese dalle copertine delle più importanti riviste internazionali.
Nella fase successiva Zampogna crea un rapporto alienato d’identità fra i due soggetti, dilatando le precedenti finestre fino a farle diventare equivalenti ai ritratti, fino a rendere cioè la” Realtà Reale” e la “Realtà Mediale” intercambiabili.
Le opere successive dell’artista rappresentano un passo ulteriore e logico verso un’analisi ironica e tragica del reale: i personaggi vivono bizzarramente all’interno delle “figurazioni del gratta e vinci”. L’Isola del Tesoro, gli Animali Porta Fortuna, sono icone di una contemporaneità svalorizzata che rappresentano l’attesa di una mediocre catarsi: la speranza illusoria della personale ricchezza.
Nel 2009 l’artista realizza una serie di volti di poeti amici, monocromatici ed estremamente riconoscibili, appena “disturbati” a tutto campo dalla formulazione errata di proverbi banali (ad esempio can che abbaia...non nuota). Nel 2010 inizia la fase più recente del lavoro di Zampogna; con piglio visionario egli organizza delle grandi macchine visive i cui protagonisti sono due personaggi allegorici: i giganti Mata e Grifone che risalgono all’immaginario remoto del sud Italia e che, quasi evocati, si palesano su enormi stoffe decorate con motivi floreali, diventando messa in scena cristallizzata e stratagemma di fuga verso una ritualità originaria da contrapporre al vuoto della storia e hanno la tangibilità onirica dell’ombra che prende visivamente corpo. La statura dei “Giganti in posa” ribalta la certezza della realtà, inverte le sue cronologie come a dire che solo ciò che si può dipingere è reale ed è reale solo ciò che non esiste.
Dal 2014, dopo questa esperienza favolistica e sognante, l’artista ha voluto, a suo modo, riaprire gli occhi sul mondo affrontando uno di filoni drammatici dell’arte occidentale trattato (per fare dei nomi) da Rembrandt, i Carracci, Chaïm Soutine, Picasso, Francis Bacon: la macelleria animale.
In Zampogna la macelleria è una messa in scena incorporea dove l’animale e il suo carnefice convivono armonicamente su stoffe damascate quasi a diventarne a loro volta la decorazione: il dramma risulta sdrammatizzato come per affermare che la sdrammatizzazione mediatica del dramma è il vero grande dramma della contemporaneità.(Ermerindo Fiore)
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