Il sindaco, Nicolò De Bartolo, scrive ai vertici dell’Asp Cosenza in merito al paventato accorpamento in un’unica postazione del servizio di Continuità Assistenziale tra i comuni di Morano, San Basile e Saracena. Nella missiva, dal profilo istituzionale, ma ferma e perentoria, De Bartolo manifesta grande disappunto e preoccupazione per quello che definisce, se la notizia, per ora ufficiosa, dovesse essere confermata, un ulteriore «crudele scippo» a danno di «un comprensorio già pesantemente colpito dal depotenziamento dell’ospedale di Castrovillari», e ricorda come anche «in passato, stava per verificarsi una simile evenienza, poi opportunamente scongiurata».
«Se i tre presidi di Guardia Medica, di Morano, San Basile e Saracena, che ad oggi garantiscono assistenza notturna, festiva e prefestiva immediata, dovessero realmente essere accorpati sì da formarne uno solo, con competenza su di un territorio molto esteso – afferma il primo cittadino moranese – data l’orografia dell’area e la mancanza nei centri in parola di strutture dedicate alla prima gestione delle emergenze/urgenze, peraltro in piena crisi pandemica appesantita dalla recrudescenza dei contagi, gli effetti sulle popolazioni interessate sarebbero devastanti e il disagio incalcolabile. Auspichiamo che le autorità preposte, alle quali ci siamo rivolti nella speranza di essere ascoltati, recepiscano le nostre motivazioni e programmino di conseguenza. Diversamente, vorremmo capire come, in caso di simultanea grave necessità in due o, potrebbe capitare anche questo, in tutti e tre i paesi, con l’aggiunta di Campotenese che, come noto, è una contrada di Morano, un medico possa intervenire per curare contemporaneamente più pazienti distanti fra loro decine e decine di chilometri.
Non possiamo permetterci – evidenzia De Bartolo - dopo aver assistito al dimezzamento dei medici di base in meno di un anno nel mio comune, di perdere l’ennesimo delicato e importantissimo servizio. Conosciamo l’esigenza di procedere a una rimodulazione della malandata sanità regionale, a tutti i livelli; sappiamo che ci sono conti da risanare, nosocomi da riorganizzare, problemi da risolvere. Ma non possono e non devono essere sempre i cittadini, anello debole della catena sociale, a pagarne il prezzo. L’utenza si vedrebbe privata delle indispensabili cure in caso di bisogno; cure che solo la postazione medica fissa può assicurare. Se davvero un’operazione del genere è in itinere, sembra più giusto la si compia in quei paesi forniti di presidi (ospedali e ambulatori vari) in sede, capaci, cioè, di assicurare assistenza immediata alle comunità, che quindi potrebbero sopportare manovre simili. Certamente non a Morano. Le cure mediche, non mi stancherò mai di ripeterlo, appartengono all’alveo dei diritti costituzionali. Come tali vanno difesi in qualsiasi circostanza, condizione, territorio.
Speriamo che l’infelice ipotesi resti tale e che le Postazioni Assistenziali rimangano dove sono. E’ chiaro, però, che qualora si provasse a forzare, non mancheremo di adottare iniziative adeguate».
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