di EDOARDO CORASANITI
Violazione del segreto d'ufficio per favorire la famiglia "Abbruzzese", legata al clan degli zingari. E' questa l'accusa che a dicembre ha portato agli arresti domiciliari Dario Brancalone, poliziotto in servizio a Cosenza. Per la Procura di Catanzaro, Brancaleone avrebbe rivelato notizie sul pentimento del trafficante di droga Marco Paura, operante nel centro storico di Cosenza.
Il Tribunale della Libertà di Catanzaro, dopo il Riesame presentato dall'avvocato difensore, ha annullato la misura applicata, disponendo la libertà.
Dal carcere agli arresti domiciliari passano Francesco Casella (detenuto a Roma) e Alusha Claudio.
L'OPERAZIONE
E' il Gip di Catanzaro Pietro Carè, su richiesta dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, che il 31 dicembre scorso firma l'ordinanza di custodia cautelare che segna il nuovo capitolo nei confronti degli indagati dell'operazione "Testa di serpente", che il 13 dicembre aveva messo in ginocchio la criminalità organizzata di Cosenza riconducibile ai Lanzino-Ruà-Patitucci e gli Abruzzese (LEGGI QUI).
LE ACCUSE:
I clan avrebbero controllato Cosenza con armi, estorsioni, minacce, usura, traffico di sostanze stupefacenti, violenza. Tutto finalizzato ad aumentare e solidificare il controllo della città e del territorio limitrofo.
Ma anche omicidi, gambizzazioni, pestaggi in pubblico, realizzati con metodi spietati.
Infatti, i destinatari dei provvedimenti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata) nei confronti di numerosi titolari di attività commerciali ed imprenditoriali del cosentino, porto e detenzione illegali di armi anche da guerra, stupefacenti, usura in danno di imprenditori che versavano in stato di bisogno e lesioni.
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