di RITA TULELLI
Il derby calabrese si è chiuso senza strascichi di tensione, confermandosi ancora una volta come uno degli appuntamenti più particolari del calcio italiano. Crotone e Cosenza hanno dato vita a novanta minuti intensi in campo, ma sugli spalti la protagonista è stata la fratellanza tra le due tifoserie. Bandiere rossoblù da una parte e dall’altra, cori che spesso si sono intrecciati, applausi reciproci: il gemellaggio storico tra i due gruppi ha trasformato la partita in uno spettacolo di colori e amicizia.
Nessuna divisione, nessun clima di ostilità, ma la voglia di vivere il calcio come momento di condivisione. Il fischio finale ha sancito il verdetto del campo, ma il vero risultato è arrivato dagli spalti: un messaggio forte e chiaro che il derby può essere qualcosa di diverso. Crotone e Cosenza hanno mostrato che la rivalità sportiva non è sinonimo di nemicizia, ma può convivere con il rispetto e persino con l’affetto reciproco. In un panorama calcistico spesso segnato da episodi di violenza, la Calabria offre un modello alternativo. Le due curve, storicamente unite, hanno ribadito che il tifo può essere passione e identità senza sfociare nell’odio.
Un segnale importante anche per i più giovani, che vedono nel derby non una battaglia, ma una festa collettiva. Crotone–Cosenza non è soltanto una partita: è il racconto di una terra che, pur nelle difficoltà, riesce a ritrovarsi attraverso lo sport. Il derby non divide, ma unisce. Ed è proprio questa la sua vittoria più grande.
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