di TULLIO BARNI
Quando ci sei dentro, quando tocca a te, di solito è sempre un’altra cosa. Come quando vai ad un concerto, ad un dibattito e confronti il tuo giudizio e le tue impressioni con quelle che vedi riportate dai giornali il giorno dopo. Ecco perché bisognerebbe esserci sempre. Ma ovviamente non è sempre possibile. E’ così per il mio vivere i miei sessantasei anni, come anche per gli altri periodi della vita: la laurea, il matrimonio, la crescita dei figli, la perdita dei tuoi cari, sei sempre inevitabilmente condizionato dalle storie, dai racconti, dalle immagini (Pasolini ci ha ricordato il peso prevaricatore delle ”cose” sulla nostra formazione!) che impresse nella tua mente fanno si che ti senta abitato, forse in alcuni casi "occupato” da una miriade di persone con le quali, volente o nolente, ti devi confrontare, anche quando pensi di essere solo con i tuoi pensieri.
Si, oggi che l’aspettativa di vita è aumentata a dismisura, c’è la mania di riclassificare le età della vecchiaia, e non sai più dove ti devi collocare, a seconda delle varie classificazioni, correndo il rischio di una crisi d’identità. C’è sempre uno scarto, che tutti noi ci troviamo a dover gestire, fra quello che gli altri si aspettano da te e quello che invece tu credi di essere. L’umanita’, a mio modesto parere, la si potrebbe dividere in sole due categorie: quelli che sposano felicemente le aspettative che gli altri hanno nei loro confronti, senza se e senza ma, e coloro i quali lottano, perché è comunque una lotta, fino alla fine, cercando di svincolarsi dagli stereotopi, fiduciosi di trovare se stessi.
E dunque, come sto vivendo questa fase della mia vita? Quando avevo 20 anni mi immaginavo così? Ma io a 20 anni non ho mai pensato a come sarei stato a 70 più volentieri che a 80 anni! Coloro che hanno la fortuna di vivere a lungo, stanno sperimentando un periodo della vita “evoluti amente nuovo”. Le nostre “ vecchiaie” sono diverse da quelle dei nostri vecchi, dei nostri nonni e vieppiu dei nostri bisnonni. Siamo in un certo senso impreparati a vivere una stagione della vita che l’umanità che ci preceduto non ha mai vissuto ed allora ci arrabattiamo , navighiamo a vista.
Io reputo di essere una persona fortunata, perché ho sempre fatto quello che avrei voluto fare e che dunque mi ha permesso di vivere dimentico del peso della fatica, nella consapevolezza che l’entusiasmo e la passione, che ti hanno guidato nel tracciare il percorso della tua vita, dovevano essere accompagnate da quel senso di responsabilità, pronto a ricordarti, che le ali del pensiero debbono si volare alto, ma debbono anche farsi carico del peso dell’umanità che prepotentemente le richiama sulla terra. L’altra mia fortuna è di essere stato sempre vicino ai giovani e questo mi ha permesso, non di sentirmi sempre giovane, queste sono le corbellerie che i vecchi amano raccontarsi fra di loro, ma questa vicinanza mi ha permesso quel dialogo continuo con i cambiamenti della società, con i valori che vengono sempre declinati con profili diversi con il tempo che passa, e di relativizzare le mode e i costumi, senza sentirsi l’ombelico del mondo.
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