di SERGIO DRAGONE
The Voice. Ogni tanto lo chiamavo così con un misto di affetto, ironia e ammirazione. Si, perché Emanuele Giacoia era riuscito a trasformare quel dono di natura in un formidabile strumento di comunicazione al punto che quella sua inimitabile voce riusciva a penetrare nel cuore della gente più delle parole scritte o delle stesse immagini. E’ stato il segreto del suo successo.
Lo sanno bene i milioni di italiani che hanno seguito, per anni, le sue indimenticabili radiocronache a Tutto il Calcio Minuto per Minuto, la celebre trasmissione ideata da Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi e Sergio Zavoli. “Scusa Ameri, ti interrompo da Catanzaro”. Quante volte lo avremo sentito chiedere la linea dall’ex Militare per annunciare un gol e il cambio di risultato?
Giacoia non era solo una voce, sia pure tra le più affascinanti del giornalismo radiofonico e televisivo RAI. Era un giornalista a tutto tondo, capace di occuparsi non solo di sport, ma anche di cronaca e di politica. Il suo carisma lo aveva portato anche a dirigere la redazione della RAI calabrese, dove è stato un esempio e un maestro per intere generazioni di giornalisti.
Giacoia amava molto Catanzaro, città dove era molto più popolare che a Cosenza o Reggio Calabria. La sentiva un po' casa sua. Le vacanze estive le ha passate per svariati anni a Soverato con la sua bellissima tribù familiare. A Catanzaro ha anche scelto di farsi operare per un delicato intervento al cuore. Con Riccardo, il figlio che ne ha raccolto l’eredità in RAI, abbiamo atteso trepidanti nei corridoi del Sant’Anna Hospital, sciogliendoci in pianto quando ci hanno detto che tutto era andato benone.
Ad Emanuele sono rimasto sempre molto attaccato. Gli resto grato per avermi “adottato”, assieme a Vincenzino D’Atri, quando arrivai a Cosenza a metà degli anni Settanta, giovanissimo, per fare il praticantato al Giornale di Calabria. Mi diedero il tesserino della mensa Rai, era un ristorantino di via Montesanto, per farmi risparmiare qualche soldo e mi passavano anche i biglietti omaggio che i cinema cittadini riservavano ai giornalisti. Gentiluomini di un’altra epoca. Oggi nelle redazioni ci si saluta appena.
E’ retorico, ma è la verità: un pezzo significativo della mia vita è andato via. Ma serberò sempre nel cuore il ricordo dolce di questo gentiluomo che – lui non calabrese – ha amato tanto la nostra terra. Buon viaggio, Emanuele.
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