di EDOARDO CORASANITI
Il “sistema Cosenza” funziona così: le varie organizzazioni criminali discutono e senza fare rumore organizzano lo spaccio di stupefacente. Con l’obiettivo di non provocare l’attenzione della magistratura e delle forze dell’ordine. E sul fronte delle estorsioni, le parole magiche suonavano in questo modo: “Siamo per conto di Gianfranco di San Vito”. Gianfranco è Sganga, coinvolto nell’operazione della Dda di Catanzaro e dei carabinieri di Cosenza e che questa mattina ha portato all’emissione di 21 misure cautelari (LEGGI QUI) con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio di sostanze stupefacente, estorsioni, detenzione di armi. Al centro dell'operazione "Overture" la presunta fitta rete criminale denominata “Perna-Pranno” (poi ridenominata “Lanzino-Cicero”) che a Cosenza controllava il territorio attraverso spaccio di droga, estorsioni sui lavori di Unical, ospedale e convento di San Francesco di Paola e anche pestaggi, come nel caso di un funzionario "colpevole" di aver redatto alcuni provvedimenti disciplinari ad un dipendente.
Ad illustrare i dettagli dell’indagine condotta dal sostituto procuratore Vito Valerio è il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, il quale mette in evidenza “l’ottimo e articolato lavoro svolto dai carabinieri nell’individuazione dei reati fine aggravati dall’articolo 7, tra cui danneggiamenti ed estorsioni. I gruppi criminali terrorizzavano quartieri di Cosenza. Questa presenza non poteva sfuggire ai militari”. Gratteri ha inoltre sottolineato come le denunce delle vittime di estorsione risultano un’arma sempre vincente per individuare i responsabili di attività illecite.
Parola poi a Vincenzo Capomolla, procuratore aggiunta della Dda di Catanzaro: “Le indagini dei carabinieri hanno consentito di rilevare come le cosche siano riuscite a ritagliarsi un proprio spazio e abbiano recuperato dello spazio che era stato lasciato dopo alcune operazioni e sentenze del passato. Lo spazio operativo, dunque, manifestato anche nello spaccio di stupefacente ma non solo: numerosi sono stati i sequestri di armi da guerra ma anche di indumenti dei carabinieri che dovevano servire a mascherare l’utilizzo da parte dei membri delle consorterie”. Riflessione anche sul ruolo giocato da chi ha trovato la fiducia di denunciare: “Segnali importante di fiducia nei confronti delle istituzioni e che consentono di approfondire come in questo caso”.
Pietro Sutera, del comando provinciale di Cosenza, ha messo in luce le complessità delle indagini che hanno toccato principalmente il quartiere San Vito e il cento storico in un arco temporale piuttosto lungo. “Emerge la figura di Gianfranco Sganga, il quale dopo aver scontato una pena organizza nuovamente la rete criminale. L’operazione ha consentito di documentare la pervasività del gruppo criminale che opera con metodi criminale”.
Sutera focalizza tre episodi centrali: l’ammodernamento dell’impianto di illuminazione dell’Unical, il restauro del convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila, lavori all’ospedale di Cosenza. Richieste estorsive che dimostrerebbero gli interessi vari dell’organizzazione criminale che si presentava sempre con il biglietto da visita “Siamo qui per conto di Gianfranco di San Vito”.
Pistole, fucili, kalashnikov, droga: Il comandante provinciale illustra quello che è definitivo il “Sistema Cosenza”: una collaborazione tra organizzazioni finalizzata a non dare nell’occhio della magistratura e delle forze dell’ordine.
“Reati fine molto gravi che incidono su realtà Cosentina che si presenta ricca ma con sacche di grave disagio sociale”, inizia così il suo intervento Raffaele Giovanizzo, comandante del reparto operativo: “Le stesse estorsioni sono significative dato che le aziende coinvolte provengono da fuori”, continua per poi spiegare le cifre delle richieste estorsive principali: “illuminazione Unical 2-3%, convento di San Francesco 30 mila euro, mentre per l’ospedale la somma richiesta era di 20mila euro”. Per Giovanizzo la vicenda si conclude con una certezza: “Lo Stato a Cosenza c’è”.
Giuseppe Sacco, comandante del Nucleo Investigativo: “I reati risultano comprovati non solo dalle attività tecniche ma anche sul campo come dimostrano i sequestri e gli arresti in flagranza. Il gruppo criminale aveva il controllo su cocaina, marijuana e hashish e l’acquisto delle sostanze era garantito da Agostino Falbo.” Sacco, infatti, ha ricostruito l’organigramma delle cosche.
Il provvedimento cautelare è stato eseguito nei confronti di
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