di EDOARDO CORASANITI
Associazione a delinquere è l’accusa che la Procura della Repubblica di Catanzaro gli ha appicciato addosso il 19 novembre 2020, giorno in cui la Calabria scopre l’indagine “Farmabusiness”. Domenico Scozzafava, 41 anni di Catanzaro, antennista di professione, in carcere dalla prima ora dell’operazione, è l’uomo che avrebbe fatto parte della cosca Grande Aracri di Cutro con il preciso compito di spianare la strada per l’affair “Farmaeco”, il consorzio di farmaci al centro dell’indagine che ha portato all’emissione di 25 custodie cautelari. Tra di loro anche Mimmo Tallini, in quel momento presidente del Consiglio regionale, ed indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il suo ruolo di assessore regionale al Personale dal 2010 al 2014.
Per la Dda guidata da Nicola Gratteri, accuse e contestazioni che costerebbero 16 anni di reclusione. E’ la condanna che i pm Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio a fine novembre scorso hanno chiesto alla giudice Barbara Saccà, chiamata a decidere sul processo, con il rito abbreviato, per 20 imputati. Alla sbarra anche Domenico Grande Aracri, la figlia di Nicolino Grande Aracri, Elisabetta, la moglie Giuseppina Mauro. Le accuse mosse agli indagati sono, a vario titolo, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
Oggi la difesa di Domenico Scozzafava, rappresentata dagli avvocati Nicola Cantafora e Dario Gareri, ha portato con sé in Tribunale i documenti e gli atti di segno opposto rispetto a quanto sostiene l’accusa.
I legali hanno prodotto i bonifici bancari di Scozzafava per la costituzione del fondo consortile, senza che “però ci sia una prova di trasferimenti di fondi da parte dalle cosca nei suoi confronti”. All’attenzione anche la forma societaria stabilita: il consorzio, che non prevede la distribuzione di utili. Non ci sarebbe un atto di indagine sulle movimentazioni bancarie, da cui si evincerebbe un atto anomalo.
Inoltre, prima che il Consorzio abbia iniziato ad operare (marzo- maggio 2015), Scozzafava recede dalla società: decisione che ha portato anche alla perdita della quota versata e che ha prodotto come risultato il non risanamento del debito che l’antennista aveva nei confronti della società. E qui un paradosso che la difesa tende a sottolineare: un associato di ‘ndrangheta che costituisce con i propri soldi un consorzio, recede e perde la quota e avanza crediti (per circa 20mila euro) dalla stessa società.
Punto focale, il rapporto con Tallini, mai negato seppur il suo apporto al leader di Forza Italia sarebbe stato quello di un normale elettore. Nel 2014 Scozzafava si candida alle comunali di Sellia Marina: la sua lista arriva terza (su tre) e i voti personali che raccoglie sono appena 58.
Altro punto dolente acceso dall'accusa e messo nero su bianco nel capo di imputazione: la costituzione di “Farmaeco” .La difesa di Scozzafava ha acceso i riflettori sul procedimento che ha accompagnato l’operazione burocratica nei palazzi amministrativi della Regione: lungo e normale, è stata definita nella discussione nell' aula C del Tribunale di Catanzaro. Oltre un anno e 2 mesi: un iter ordinario.
Scozzafava è accusato anche di aver dato l’ordine di minacciare due dottoresse dell’Asp di Catanzaro che avrebbero dovuto eseguire l’ispezione alla società dei farmaci: una delle due non esisteva mentre l’altra non ha mai lavorato a Catanzaro. Secondo i difensori, i due imputati esecutori non si sarebbero mai recati materialmente per fare la minaccia. A dimostrarlo i loro Gps, localizzandoli altrove.
Sull’episodio della tavernetta, luogo in cui ci sarebbe stato un vero e proprio summit di ‘ndrangheta: “Scozzafava finisce nella tavernetta per puro caso, in quella conversazione è silente come riferito dal Gip e non ci sono mai riferimenti a lui ad incarichi o altro”.
E se dall’accusa emergerebbe che Scozzafava sarebbe stato un “fine operatore finanziario che si sarebbe occupato di operazioni anche sofisticate” durante le intercettazioni verrebbe definito con epiteti e scherno da parte di chi, secondo il teorema d'incolpazione, avrebbe occupato gradini inferiori della scala organizzativa della presunta cosca.
Oggi hanno discusso anche gli avvocati Mario Nigro per Leonardo Vilirillo, Antonio Ludovico e Gregorio Viscomi per Tommaso Aprile, Luigi Colacino per Elisabetta Grande Aracri, Michele De Cillis per Pancrazio Opipari.
Prossima udienza il 17 gennaio, lunedì prossimo: dopo le ultime arringhe difensive, potrebbe essere il momento della sentenza.
Il collegio degli avvocati è formato da: Vincenzo Ioppoli, Carlo Petitto, Valerio Zimatore, Pietro Funaro, Giuseppe Fonte, Antonio Ludovico, Giovanni Nicotera, Tiziano Saporito, Gregorio Viscomi, Sergio Rotundo, Luigi Colacino, Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Bruno Giousé Naso, Savino Mondello, Nicola Tavano, Carmine Curatolo, Luigi Comberati, Vincenzo De Caro, Nicola Cantafora, Dario Gareri.
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