di TERESA ALOI
Un concerto-racconto fatto di musica e parole. Di “Pensieri e parole”. Un viaggio tra le “Emozioni”, quello di Gianmarco Carroccia e Mogol, al secolo Giulio Repetti, che, ieri sera al teatro Politeama nell’ambito del Festival d’autunno diretto da Antonietta Santacroce, hanno fatto rivivere la storica collaborazione tra il paroliere e Lucio Battisti. Una musica che ancora oggi stupisce, affascina ed emoziona.
Gianmarco Carroccia, accompagnato da un’orchestra di 16 elementi, lo ha fatto interpretando con grande rispetto le canzoni di Battisti, rendendo il concerto di ieri per alcuni versi una sorta di contenitore di emozioni vissute. Di quelle emozioni che solo il suo cuore riesce a trasmettere. E lo spettacolo nello spettacolo è stato vedere la gente cantare, applaudire.
Dopo il saluto di Antonietta Santacroce, sul palco Mogol e Marcello Barillà che avrà il compito di “guidare” il maestro, definito da Michelangelo Pistoletto, un grandissimo pittore e poeta e da Vittorio Sgarbi come il più grande poeta del Novecento, in un racconto durante il quale svelerà tanti aneddoti e curiosità della sua vita artistica ma anche la genesi e la storia che si nasconde dietro le sue canzoni. Quelle che hanno firmato la colonna sonora dell'educazione sentimentale di intere generazioni.
Si inizia con “Emozioni” e non poteva essere diversamente. Ed è lo stesso Carroccia ad emozionarsi quando svela, che a 17 anni, quando tutto iniziò, non avrebbe mai immaginato di cantare davanti a qualcuno. Del resto deve essere difficile rapportarsi con un pezzo della storia della musica italiana.
"Ognuno vive le canzoni come vuole, le conserva secondo la sua sensibilità, ma è ciò che c’è dentro ad incuriosirci” confessa Mogol.
E allora in “29 settembre” c’è un’infatuazione, “una scappatella, un’avventura”. “Una tragedia, il tema del tradimento per quegli anni”.
Omaggia Gianni Bella, il maestro. E lo fa con grande commozione definendolo un genio. “Ricordo che mi disse che andava sulla scalinata della cattedrale di Catania per cercare di capire dove mettevano le mani i suonatori di chitarra”.
E c'è "Acqua azzurra, acqua chiara" che non dimostra affatto i suoi 50 anni (venne lanciata come singolo nel 1969) e “Dieci ragazze per me” che riporta alla mente “quei ragazzi, tutti sacerdoti, che ho incontrato e che intonavano questa canzone”. Sorride quando ci ripensa.
Se quel ”morire” che risuona in più di una canzone, sia riferibile all’atto sessuale o meno, Mogol, incalzato da Marcello Barillà, non lo svela. “Non mi ricordo più i versi” ammicca strizzando l’occhio. E il dubbio non sarà svelato.
C’è poi quel “leggero dolore” “quello che – spiega Mogol - tutti proviamo nel non poter aiutare le persone bisognose come vorremmo”.
E poi, “la prostituita illusa di essere amata, la donna di chiesa, la ragazza madre”, le tre donne che Battista celebra in "Anche per te", il commuovente canto dedicato alle donne sole.
Racconta la vita, Mogol. Quella vera, vissuta. Senza il rischio di togliere quel fascino e mistero che si nasconde dietro i testi.
E allora neb“I giardini di marzo”, quel vestito” il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti” era veramente appartenuto alla sua mamma. “per lei il vestito bello era sempre e solo quello”.
Racconta poi di un viaggio in Inghilterra dopo aver preso il diploma. Racconta di quella ragazza inglese che gli chiese di fidanzarsi, in quella villa dove tanti giovani stavano allestendo festoni per celebrare il Natale ebraico.
Per capire “Il mio canto libero” bisogna tornare a 35 anni fa “quando mi sono separato e, a quel tempo, chi decideva di andar via da casa, veniva condannato dalla società e io mi ritrovai solo”.
“La collina dei ciliegi” , “Anima Latina”, “Questa giornata uggiosa”, “ Canzoni immortali. Che Gianmarco Carroccia canta con la stessa sensibilità che aveva Lucio Battisti.
“Ma come si fa a diventare immortale con tre accordi?” si chiede Barillà e gira la domanda a Mogol. “ Io che non so suonare non lo so – ammette candidamente – resta un mistero”.
“La canzone del sole” riporta i ricordi di Mogol alla sua prima fidanzata. “Lei era più grande di me, io avevo 5 anni e lei 6. Ho immaginato di rincontrala dopo 20 anni pensando alla gelosia che avrei provato per non averla vissuta”.
C’è poi quel richiamo continuo alla natura, un tema molto caro al maestro che ricorda con nostalgia Silvi Marina e"quelle macchie di petrolio".
"Una donna per amico" e "Io vorrei non vorrei ma se puoi" chiudono il concerto- racconto. Musica e parole, dunque. Perché a più di vent'anni dalla sua morte, Lucio Battisti non smette di "ritornarci in mente" .
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