Fratelli vibonesi uccisi in Sardegna. I Ris analizzano il pugnale e i tappetini dell’auto

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Davide e Massimiliano Mirabello
  22 aprile 2020 20:36

di TERESA ALOI

Il pugnale era stato passato al fuoco e quindi presentava solo tracce di fuliggine mentre i tappetini dell'auto sembravano usciti dal negozio.

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Nei laboratori dei Ris di Cagliari, gli esperti hanno svolto gli accertamenti tecnico-scientifici irripetibili sui quattro tappetini dell'auto e su quel pugnale in ferro ritrovato sul luogo dove sono stati uccisi  i fratelli Massimiliano e Davide Mirabello, originari di San Gregorio d'Ippona, nel Vibonese, ma da tempo residenti a Dolianova, nel sud della Sardegna.  Erano presenti gli avvocati  difensori Gianfranco Trullu  per l’indagato Stefano Mura,  Maria Grazia Monni per l’indagato detenuto Joselito Marras, Maria Elena  Caboni  in sostituzione dell’avv. Rovelli Patrizio per l’indagato detenuto Michael Maras  e Gianfrancesco Piscitelli per la parte offesa, Caterina Mirabello, una delle  sorella delle vittime. 

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Intanto, ieri Michael Marras  ha chiesto di essere interrogato dal pubblico ministero e, durante l’interrogatorio  in videoconferenza tra il carcere di Uta e la Procura della Repubblica di Cagliari, ha confermato le dichiarazioni del padre Joselito che lo indicava come estraneo al duplice omicidio e ha anche fornito al magistrato una sua ricostruzione dei fatti. Al termine, il difensore ha preannunciato il deposito di istanza di scarcerazione per il suo assistito.

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 “No comment - il commento a caldo dell'avvocato Piscitelli -  sulla scelta di Joselito Marras che come avvocato rispetto. Infatti l'indagato, analizzando le norme del nostro codice di procedura penale, a fronte delle accuse a lui mosse compie delle scelte: rispondere o non rispondere; rispondere parzialmente; rispondere dicendo la verità; rispondere mentendo senza coinvolgere gli altri; rispondere mentendo coinvolgendo altri soggetti. Il diritto di mentire da parte dell'indagato/imputato è un dato certo nel nostro ordinamento: il diritto di difesa, inviolabile, sancito dalla nostra Costituzione dall’art. 24, lascia appunto a questi il diritto di difendersi nel modo che ritiene più opportuno e con le modalità che reputa più convenienti. Se l'imputato, al fine di resistere all'accusa che gli viene mossa, decide di effettuare una ricostruzione della sua condotta difforme dal vero, questo suo atteggiamento rientra a pieno titolo nel suo inviolabile diritto di difesa. Starà poi alle fasi successive, reggere la propria difesa e far si che venga accettata.
Ne consegue che, non avendo un obbligo di dire la verità, l'ordinamento gli concede la possibilità di mentire. Quindi, è tutto lecito quanto avvenuto.  Siamo solo all’inizio e come difensore di parte offesa,  posso solo dire che ci sono ancora molti lati da chiarire, tra cui assolutamente tutti i soggetti che hanno, in un modo o nell’altro, partecipato o collaborato o solo favorito o omesso”.

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