"Gestione opaca e approssimativa che ha favorito imprese mafiose". La devastante relazione sull'Asp di Catanzaro

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L'ingresso dell'Asp di Catanzaro e dell'ex Pugliese (dove c'è una parte rilevante di amministrativi della Dulbecco)
  08 ottobre 2019 19:54

«L’amministrazione dell’Asp di Catanzaro è tendenzialmente opaca, approssimativa, con diverse anomalie gestionali e procedurali, alcune delle quali hanno favorito direttamente imprese riconducibili ad ambienti di criminalità organizzata». È uno dei passaggi più sferzanti contenuti nella relazione della commissione d’accesso, pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale insieme al decreto di scioglimento dell’Asp catanzarese firmata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese l’11 settembre scorso.

La relazione prende le mosse dall’inchiesta "Quinta Bolgia" coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri.  Dalle indagini era emerso il  ruolo predominante  svolto da  due  gruppi imprenditoriali (Putrino e Rocca)   riconducibili  ad una locale cosca criminale (Iannazzo-Cannizzaro-Daponte) fortemente radicata sul territorio.

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Da qualche settimana si sono insediati i commissari prefettizi Domenico Bagnato, Franca Tancredi e Salvatore Gullì. Lo scioglimento durerà 18 mesi.

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TUTTO PARTE DA QUINTA BOLGIA- Nella relazione  si legge  «di un regime  di monopolio nel redditizio settore  delle  ambulanze  sostitutive  del servizio  pubblico e più in  generale  nell'ambito dei servizi sanitari, favorito soprattutto - secondo quanto  ricostruito dagli investigatori - dai privilegiati rapporti intercorrenti tra esponenti della 'ndrangheta locale e numerosi dipendenti  anche  di  livello apicale dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro». Nel mirino della magistratura era finito l’affidamento della gara del servizio a chiamata delle ambulanze “in estrema urgenza” e alla ditta colpita da interdittiva, così come il “controllo” all’interno dell’ospedale di Lamezia Terme di soggezione del personale medico e paramedico.

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DIPENDENTI COINVOLTI IN INDAGINI PENALI ANCHE AL DI FUORI DI QUINTA BOLGIA- Nonostante i molti omissis nella relazione, nel decreto del ministro si apprende che «alcuni dirigenti e dipendenti dell'azienda sanitaria provinciale risultano coinvolti non solo nell'operazione di polizia giudiziaria da cui è scaturito l'accesso, ma anche, a vario titolo, in ulteriori procedimenti penali relativi a gravi delitti quali turbata libertà degli  incanti,  peculato,  falso  ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altri». L’Asp ha un fatturato di 600 milioni ed oltre due mila dipendenti. Negli ultimi anni le perdite di esercizio sono cresciute vertiginosamente fino ai – 40,5 milioni del 2017 e ai -52 (bilancio non ancora approvato) del 2018.  

AFFIDAMENTI DIRETTI E LA “SUPERFICIALITA” NELLA VERIFICA DELLA BANCA DATI ANTIMAFIA-  «Nel settore degli affidamenti di lavori e servizi  pubblici,  gli accertamenti  svolti in sede ispettiva hanno evidenziato  un generalizzato ricorso agli affidamenti diretti - in assenza quindi di procedure di gara e senza che siano stati  esplicitati  i  motivi  di fatto e di diritto posti a fondamento della scelta - a favore  di  un ristretto numero di ditte, che in taluni casi - attraverso il  c.d. «frazionamento  artificioso  della  spesa» - hanno comportato  una sostanziale elusione della normativa antimafia». Inoltre dai riscontri della commissione di indagine tramite la banca dati nazionale antimafia è emerso che l'azienda sanitaria   provinciale  ha richiesto solamente   tre informazioni con riferimento ad un unico contratto di appalto e «che per circa venti imprese affidatarie di lavori o servizi non è mai stata effettuata alcuna richiesta di informativa». Il funzionario che aveva l’accesso alla banca dati, coinvolto in Quinta Bolgia, non è stato sostituito questo «attesta il permanere di una gestione «superficiale» e comunque non in linea con i principi di trasparenza e legalità». (g.r.)

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