Gettonopoli. Ecco perché la Procura vuole l'archiviazione per Bosco, Fiorita, Riccio e Battaglia

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images Gettonopoli. Ecco perché la Procura vuole l'archiviazione per Bosco, Fiorita, Riccio e Battaglia

  07 aprile 2021 14:29

di EDOARDO CORASANITI

“Una medesima versione”. Il sostituto procuratore Pasquale Mandolfino mette nero su bianco le ragioni per cui ha chiesto l’archiviazione per Eugenio Riccio (difeso dall'avvocato Antonio Lomonaco), Gianmichele Bosco (difeso dall'avvocato Sergio Rotundo e e Mariantonietta Iorfida), Nicola Fiorita (difeso dall'avvocato Danilo Iannello) e Demetrio Battaglia (difeso dall'avvocato Amedeo Bianco), indagati nell’ambito dell’indagine “Gettonopoli”,  il caso giudiziario che a dicembre 2019 ha investito Palazzo de Nobili e che ha spedito il capoluogo all'attenzione dei media nazionali. Al centro dell'inchiesta, i gettoni di presenza percepiti dai consiglieri comunali durante le commissioni consiliari nel periodo che va da novembre a dicembre del 2018 e assunzioni fittizie. Per 18 indagati la Procura procede verso l'archiviazione per tenuità del fatto (LEGGI QUI), mentre per 12 indagati l'udienza preliminare inizierà il 24 giugno (LEGGI QUI)

Sono le righe conclusive della richiesta che riassumono la vicenda su un piano processuale: "Alla luce dei chiarimenti offerti in sede di interrogatorio e sulla base anche della documentazione difensiva prodotta, può ritenersi assottigliata sotto il  profilo probatorio".

Dal 13 dicembre 2019, giorno della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminare da parte della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, lo scacchiere è cambiato: oltre alle dimissioni di Bosco e Fiorita, gli inquirenti hanno potuto verificare, controllare e studiare le argomentazioni difensive che in questi mesi hanno riempito gli uffici della Procura da parte delle difese. Documentazioni e carte che hanno convinto il pm della completa innocenza dei quatto indagati, i quali dopo l'avviso di conclusioni indagini si sono sottoposti ad interrogatorio e spiegato le condotte e le circostanze che hanno determinato le contestazioni. E che ora spingo la Procura a fare un passo indietro, almeno sulle quattro posizioni.

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E cos ora il pm ricapitola la successione degli eventi a partire dalle contestazioni e a quello accaduto successivamente. "A seguito dell’interrogatorio successive alla notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari i quattro hanno chiarito “che le sedute delle commissioni avevano natura "permanente" , cioè si riunivano continuativamente in giorni della settimana e ad orari prestabiliti a monte all'inizio della consiliatura. Evidenziavano che non esisteva una preventiva convocazione formale rivolta ai componenti delle commissioni per la partecipazione alle singole sedute, ma che, semplicemente, nei giorni ed orari stabiliti con calendarizzazione generale i consiglieri comunali interessati a partecipare si presentavano nella stanza dell'edificio comunale appositamente dedicata alla riunione o comunque in quella volta per volta disponibile. In tale sede il presidente della singola commissione, se ed appena rilevato il raggiungimento del numero legale, dichiarava aperta la seduta rappresentando gli argomenti da trattare all'ordine del giorno, conducendo la discussione ed, altresì, redigendo il verbale della seduta in prima persona o, talvolta, delegandone la redazione ad altro consigliere partecipante. Precisavano, inoltre, che le riunioni si svolgevano senza particolari formalismi, atteso che il Comune non metteva a disposizione dei presidenti appositi addetti amministrativi verbalizzanti, e che molti presidenti di commissione erano alla loro prima esperienza politica, lasciando intendere che, in tal modo, spesso si perveniva alla redazione di verbali non necessariamente precisi”, scrive il pm al gip per chiedere l'archiviazione. 

Inoltre, gli indagati hanno puntualizzato che “la permanenza di ogni singolo consigliere in seno alle riunioni delle comrmss1oni non era particolarmente monitorata dai presidenti, ciò non rientrando tra i loro compiti istituzionali, quindi potendo ciascun consigliere trattenersi in riunione anche solo per pochi minuti. I soggetti interrogati riferivano che tale contegno era ritenuto giustificato anche in forza del parere della Presidenza del Consiglio Comunale di Catanzaro in base al quale, per maturare il diritto al conseguimento del cd. gettone di presenza, era sufficiente semplicemente che la seduta fosse validamente costituita, quindi, indipendentemente da un più o meno ampio arco temporale di presenza continua del consigliere comunale alla riunioni”.

Si riportano i passaggi fondamentali delle conclusioni riportate dal pubblico ministero per ogni posizione. 

Eugenio Riccio:

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"Sebbene non sempre presente alle riunioni per l'intero arco della loro durata effettiva, ad ogni modo tendeva a non celare la propria permanenza  presso  le sedute per lassi temporali  eventualmente  diversi ed inferiori rispetto a quelli di formale apertura e chiusura delle riunioni. Ed, ad ogni modo, successivamente alla notifica dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p., il Riccio riusciva tendenzialmente a dare atto della non irrilevanza della propria presenza alle sedute di commissione, ciò che impedisce di ritenere raggiunta piena prova dell'illecito di truffa finalizzato all'indebito conseguimento dei cosìdetti gettoni di presenza"

Gianimchele Bosco: 


"Deve considerarsi l'impossibilità di prosecuzione dell'azione penale. Ed invero gli addebiti al medesimo mossi - già di per sé particolarmente contenuti e tali da attribuirgli una posizione assolutamente marginale nella presente indagine - risultano non provati per assenza del materiale  videografico a riscontro ed in un caso smentiti dal materiale difensivo prodotto. Tali elementi vanno considerati anche unitamente ad altri dati emersi in sede di interrogatorio di Bosco e documentati in memoria difensiva, tra  cui la spontanea rinuncia da parte del medesimo in un'occasione al gettone di presenza per una riunione (pur qui non contestata) alla quale egli partecipava solo per pochi minuti, così come la spontanea rinuncia da parte del Bosco ai benefìts legati allo status di consigliere comunale, come il permesso di parcheggiare la propria vettura in aree riservate ai componenti del Consiglio Comunale. Insomma, alla luce di quanto sopra esposto, non si ritiene raggiunta la prova che Bosco abbia, sia oggettivamente sia soggettivamente, partecipato alle riunioni delle commissioni di cui era componente con animus truffaldino e conseguendo denari in modo indebito".

Nicola Fiorita e Demetrio Battaglia:

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"L'ipotesi accusatoria a loro carico si fonda su dati investigativi rappresentati dai riscontri videografici confrontati con i verbali di riunione, deve valutarsi che, stando ai primi, essi risulterebbero effettivamente presenti nella stanza delle riunioni ed anche per periodi temporali oggettivamente significativi, di certo compatibili con lo svolgimento di una seduta, mentre, stando ai secondi, si dovrebbe dedurre la loro assenza dalla riunione. A questo punto si impone da parte del sottoscritto un giudizio di valore in ordine alla qualità del dato investigativo raccolto e, dunque, una scelta di maggiore e minore affidabilità degli uni e  degli altri elementi d i prova conseguiti. Inevitabile è, sic stantibus rebus, da parte dello scrivente ritenere meno affidabile l'elemento di prova costituito dai verbali d i riunione per le loro già esaminate caratteristiche di sommarietà, inadeguatezza e falsità. Di certo capaci di maggiore rappresentatività della realtà empirica sono i riscontri videografici, che, in fin dei conti, immortalano la presenza dei due indagati nei luoghi di interesse. Orbene, a fronte di tale rivalutazione del quadro probatorio, dal quale, appunto, occorre ritenere escluso, a questo punto, il compendio documentale dei verbali di riunione, per fare unicamente leva sui dati videografici, non può che sostenersi che i due odierni indagati, invero, partecipavano alle riunioni e la loro presenza in seno alle sedute vada positivamente riconosciuta. Se ne deve, quindi, desumere, infine, che la prova del reato in discorso, in ordine ai due odierni indagati, non si è formata, con conseguente impossibilità di prosecuzione dell'azione penale nei loro confronti"

 

 

 

 

 

 

 

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