di EDOARDO CORASANITI
Sul tavolo dell'ufficio Gip di Catanzaro c'è un documento che nelle prossime settimane il magistrato dovrà valutare per poi decidere: la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero Pasquale Mandolfino per Gianmichele Bosco (difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Mariantonietta Iorfida) Nicola Fiorita (difeso dall'avvocato Danilo Iannello), Eugenio Riccio (difeso dall'avvocato Antonio Lomonaco) e Demetrio Battaglia (difeso dall'avvocato Amedeo Bianco), quattro dei 29 consiglieri comunali indagati nell'ambito di "Gettonopoli", il caso giudiziario che a dicembre 2019 ha investito Palazzo de Nobili e che ha spedito il capoluogo all'attenzione dei media nazionali. Al centro dell'inchiesta (o meglio, una parte di essa) i gettoni di presenza percepiti dai consiglieri comunali durante le commissioni consiliari nel periodo che va da novembre a dicembre del 2018. Secondo le contestazioni, tutti si sarebbero messi d’accordo per far risultare nei verbali riunioni in realtà svolte in modo fittizio, o presenze “saltuarie” (una firma e via) giusto per accaparrarsi il gettone di presenza (LEGGI QUI).
Dal 13 dicembre 2019, giorno della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminare da parte della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, lo scacchiere è cambiato: oltre alle dimissioni di Bosco e Fiorita, gli inquirenti hanno potuto verificare, controllare e studiare le argomentazioni difensive che in questi mesi hanno riempito gli uffici della Procura da parte delle difese. Documentazioni e carte che hanno convinto il pm della completa innocenza dei quatto indagati, i quali dopo l'avviso di conclusioni indagini si sono sottoposti ad interrogatorio e spiegato le condotte e le circostanze che hanno determinato le contestazioni. E che ora spingo la Procura a fare un passo indietro, almeno sulle quattro posizioni.
Ad agosto scorso l'accusa passa da truffa aggravata a truffa semplice. E questo è il piano del merito. Sul versante processuale e procedimentale, si è aggiunta la possibilità dell'archiviazione per tenuità del fatto, regolato dall'articolo 131bis del codice penale. Introdotto nel 2015, è una clausola di esenzione dalla pena, applicabile entro il limite esterno dato dalla pena edittale massima dei cinque anni di detenzione. L’offesa deve risultare di particolare tenuità ed il comportamento non deve essere abituale. L’articolo 131-bis evidenzia in sostanza la sussistenza di un reato, ma che risulti non meritevole di punibilità a causa dello scarso disvalore che lo contrassegna. Inoltre, gli indagati hanno risarcito (riparato) la porte offesa: il Comune. Rientrano in questo filone i consiglieri, Roberta Gallo, Francesco Gironda, Cristina Rotundo, Fabio Talarico, Agazio Praticò, Filippo Mancuso, Antonio Ursino, Luigi Levato, Francesca Carlotta Celi, Fabio Celia (dimesso), Antonio Angotti, Antonio Mirarchi, Manuela Costanzo, Rosario Lostumbo, Giulia Procopi, Rosario Mancuso, Lorenzo Costa, Giuseppe Pisano.
Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto deve essere iscritto nel casellario giudiziale ma non è menzionato nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della Pubblica Amministrazione, a differenza dell’archiviazione “piena” per infondatezza della notizia di reato.
L’elenco degli indagati in Gettonopoli è ancora più lungo. Ci sono anche Giovanni Merante, Libero Notarangelo (dimesso). E poi un altro gruppo: Andrea Amendola, Enrico Consolante, Sergio Costanzo, Tommaso Brutto.
Il secondo è collegato alla questione più delicata dei rimborsi alle ditte private. L’azienda chiede al Comune di essere pagato perché il consigliere ha dovuto svolgere mansioni istituzionali invece della normale attività lavorativa. Il dipendente dimostra di essersi dedicato all’Ente pubblico e la ditta presenta al Comune (in questo) caso la fattura a titolo di rimborso. Secondo la Procura i quattro consiglieri comunali accusati di truffa aggravata per questo capo di imputazione non avrebbero svolto le professioni indicate ma avrebbero ricevuto ugualmente il rimborso (per Brutto 103mila euro, Amendola 46mila; Consolante 23mila; Costanzo 78mila).
Di seguito le somme contestate a ciascun consigliere per la vicenda delle commissioni:
Andrea Amendola 875,16
Antonio Angotti 1194,12
Demetrio Battaglia 385,20
Gianmichele Bosco 225,72
Tommaso Brutto 192,60
Francesca Carlotta Celi 924,48
Fabio Celia 269,64
Enrico Consolante 1224,54
Lorenzo Costa 539,28
Manuela Costanzo 1419,84
Sergio Costanzo 1001,51
Nicola Fiorita 192,60
Roberta Gallo 836,64
Francesco Gironda 875,16
Luigi Levato 885,96
Rosario Lostumbo 1070,46
Filippo Mancuso 462,24
Rosario Mancuso 985,32
Giovanni Merante 154,08
Antonio Mirarchi 1117,08
Libero Notarangelo 289,26
Giuseppe Pisano 1348,20
Agazio Praticò 1298,88
Giulia Procopi 330,48
Eugenio Riccio 558,90
Cristina Rotundo 949,50
Fabio Talarico 1062,36
Antonio Triffiletti 577,80
Antonio Ursino 567,00
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