Il carabiniere Sergio De Caprio considera i colleghi di tante pericolose operazioni dei “fratelli”, e così li chiama. “Fratelli di lotta”, come se un giorno fosse partito per una guerra che lui sapeva dall’inizio dove lo avrebbe portato. Ha scelto di fare quel che ha fatto, racconta, perché spinto dal desiderio di “catturare gli assassini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”. Si è trasformato in Capitano Ultimo ed ha stanato il cosiddetto boss dei boss Totò Riina, diventando in seguito il soggetto di una fiction tv interpretata da Raoul Bova e iniziando un percorso che è stato, da lì in avanti, una croce di vita. Volto sempre coperto con gli occhi che parlano ancora prima della bocca, rosario francescano al collo, una piuma indiana sulla giacca e un solo guanto con le dita scoperte alla mano sinistra (“senza motivo, così, per vezzo”), dedica un accorato ringraziamento (“per quello che fate”) alle suore crocerossine che sono venute ad ascoltarlo. È tuttora costretto a vivere nell’ombra ma non si risparmia nell’impegno solidale nella Casa famiglia che ha fondato né tantomeno nei confronti dei giovani ai quali rivolge principalmente le sue parole. Non è difficile capire perché ha scelto di battezzarsi col nome di copertura “Ultimo”. Ospite a Cosenza della rassegna “Letture in chiostro” in cui è stato presentato il libro di Pino Corrias “Fermate il capitano Ultimo” (Chiarelettere), rassegna organizzata dal vice sindaco e assessore alla Cultura Jole Santelli, che da parlamentare si è molto battuta per non fargli togliere la scorta, il colonnello De Caprio ha regalato una testimonianza fortissima, stimolato dalla giornalista Anna Arcuri e dalla conversazione con la stessa vice parlamentare della commissione antimafia Santelli.
“Non sono nessuno, non do consigli, non giudico nessuno – ha sottolineato De Caprio – Credo fermamente nella sicurezza partecipata, nello sdegno sociale, nella battaglia civile. Se non si parte dal basso, dall’indignazione della gente, non si va da nessuna parte”. Una lezione, la sua, che rivolge soprattutto ai ragazzi del liceo classico Telesio che nella sala gremita del chiostro di San Domenico lo ascoltano incantati. Jole Santelli tra le diverse riflessioni ricorda il gesto di condurre Riina appena arrestato a inginocchiarsi sotto un ritratto del generale Dalla Chiesa che campeggiava nel rifugio dei militari durante l’indagine: era quello un messaggio chiaro alla criminalità organizzata finalmente a terra, finalmente vinta. “Attenzione – dice però Ultimo – non sempre si vince, e allora è bene mettersi da parte, perché significa che c’è qualcosa che non va. Io spesso mi sono chiesto perché prima di allora Totò Riina non fosse mai stato preso”. I poteri dello Stato e il potere arrogante di quelli che dimenticano la loro missione, quindi gli eroi delegittimati, il senso civico e l’educazione da cui tutto sempre prende forma nelle condotte esistenziali: capitano Ultimo arriva a toccare le corde emotive dei presenti in platea perché in lui ciò che emerge non è la ricerca di protagonismo o di medaglie, bensì la fedeltà a una vera vocazione.
"Senza polemiche – ha evidenziato De Caprio - dobbiamo esigere spiegazioni, sapere se mancano mezzi o capacità, ma non dobbiamo abituarci a convivere con violenza o prevaricazione. Manca ancora l’attenzione delle persone perché la partecipazione dei cittadini obbliga chi ha responsabilità a dare conto, e questo è mancato, ma deve essere un grido forte”.
Dal canto suo, Jole Santelli ha affermato che “la criminalità si muove e lo fa molto velocemente, a livello mondiale. Lo Stato sembra arrivare sempre in ritardo, a causa di pastoie burocratiche, ma si conquistano lo stesso grandi vittorie, anche se c'è ancora molto da fare. Dobbiamo mettere a risorsa le energie migliori che abbiamo e scongiurare che la mediocrità isoli le nostre eccellenze”.
La mattinata, che di fatto ha aperto ufficialmente due giorni di incontri, talk e appuntamenti editoriali, in questo spazio sulla legalità era stata inaugurata dal saluto del sindaco Mario Occhiuto che, accogliendo il Capitano Ultimo, aveva parlato delle libertà fondamentali che un Paese civile dovrebbe garantire a tutti e dunque al colonnello De Caprio, “perché nessuno di noi, a ogni livello, deve restare alla finestra a guardare ma deve fare il proprio dovere di cittadino onesto”.
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