Il Consiglio accerchia Oliverio sul voto: "Il prima possibile". Il governatore: "Ne prendo atto, ma decido io"

di GABRIELE RUBINO

La data delle elezioni regionali epicentro della prima seduta del Consiglio regionale dopo la pausa estiva. Dopo un accerchiamento bipartisan, il presidente Oliverio ha preso atto della volontà maggioritaria di Palazzo Campanella “di voler andare al voto il prima possibile” e, pur non sciogliendo la riserva, ha detto che ne terrà conto nella forchetta temporale dei famosi 60 giorni dalla scadenza del mandato che vanno dal 24 novembre al 24 gennaio. La prerogativa dell’indizione delle elezioni spetta al governatore che ha comunque detto più volte di “non aver ancora deciso”. Più espliciti dal centrodestra, Tallini (Forza Italia), Gallo (CdL) che invocano le urne per l’ultima domenica di novembre. Così come, il neo arrivato Giuseppe Giordano subentrato oggi, insieme a Domenico Giannetta, al posto rispettivamente di Sebi Romeo e Alessandro Nicolò coinvolti nell’inchiesta “Libro nero”. Fra le fila del centrosinistra anche Orlandino Greco e Guccione che hanno chiesto di accelerare. L’ex membro della Giunta, da tempo in rotta con Oliverio, è stato fra i più duri accusando di “furbizie tecniche”, riferendosi alla variazione di bilancio con cui si stanziano 7 milioni di euro per affrontare le spese elettorali e delle primarie eventuali dei partiti. Proprio questo provvedimento depositato nelle ultime ore in Consiglio aveva fatto insospettire le forze politiche. Dopo aver verificato di non avere la maggioranza lo stesso Oliverio ha preferito il rinvio della votazione, pur precisando che si tratta di un mero adempimento del Consiglio che non influisce sulla scelta della data delle Regionali. L’impressione è che la maggioranza dei consiglieri abbia deciso di chiudere il presidente nell’angolo affinché riveli quanto prima il giorno delle prossime consultazioni.

Giuseppe Giordano

Domenico Giannetta

I GUAI DEL CORAP- La sessione di oggi peraltro ha lasciato capire che in molti del centrosinistra hanno benedetto l’accordo nazionale Pd-M5S che è diventato il principale ostacolo alla ricandidatura di Oliverio. Sullo sfondo è stata affronta la proposta di legge che prevedeva l’attivazione della liquidazione coatta amministrativa del Corap, poi accantonata come la legge sulle spese elettorali. Un provvedimento d’urgenza che dovrebbe «tutelare il patrimonio dell’ente e i lavoratori», ha detto Oliverio per arginare il rischio di dissesto della partecipata. I buchi di bilancio ereditati dalla gestione dei vecchi consorzi Asi hanno lasciato "condizioni particolarmente pesanti".

IL NERVO SCOPERTO SULLA SANITA'- Prima della discussione sulla data del voto, la seduta si era infiammata sulla sanità. Aveva rotto le acque Tonino Scalzo chiedendo un Consiglio regionale ad hoc. Baldo Esposito ha stuzzicato l’attuale struttura commissariale, «il generale sarà pure propenso al dialogo ma si limita a mere enunciazioni», ha osservato il consigliere di Ncd. Giuseppe Pedà ha insistito sui ritardi delle procedure dell’edilizia sanitaria. Mentre il presidente Oliverio non ha risparmiato l’ennesima filippica contro il «Decreto salva sanità in Calabria che in realtà è il provvedimento catastrofe sanità in Calabria». Dopo aver esordito sulla difficile partita dei precari il governatore ha aggiunto: «Siamo in presenza di un vuoto di direzione delle aziende sanitarie», e poi il passaggio sugli appalti con la «criminalizzazione della stazione unica appaltante: il risultato di questa aberrazione è che gli ospedali rischiano di non avere le forniture dei farmaci o di averle con una impennata dei prezzi». Infine ha lasciato intendere che presto il ministro della Salute Roberto Speranza si occuperà del dossier Calabria "che è sulla sua scrivania". 

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