di TERESA ALOI
C’è molto cinema nella tecnica di scrittura. C’è molto di lui nel suo romanzo, ma nessun personaggio è lui. Elia Banelli, autore de "L’uomo dei tulipani”, si è raccontato al lido Faro blu nell’ambito della rassegna “Blu d’autore”.
Lui, consulente finanziario per un istituto bancario, per metà catanzarese e metà umbro, ha raccontato il suo viaggio a ritroso. In viaggio verso ricordi, esperienze vissute e da vivere. Appieno. E allora non restava che uccidere i “fantasmi del passato”. Da qui tutta una serie di omicidi sui quali ovviamente glissa per non togliere la bellezza di leggere il romanzo tutto di un fiato. Un giallo, facile da leggere, un giallo che funziona come lo ha definito Gabriele Rubino, moderatore degli incontri, che ha ringraziato il professore universitario Tullio Barni e il cardiochirurgo Gianluca Santise. Un giallo che ha una struttura particolare – alcuni passi sono stati letti da Attilio Mele - fosse solo per quella linea temporale continua. E per quella tecnica, cinematografica che mostra e non solo racconta. Una scena che viene vissuta dal lettore in maniera partecipata attraverso le azioni dei personaggi e dove non si sente la presenza dell’autore. Del resto nel cinema il regista resta dietro la cinepresa.
Qui, come in un film, ogni personaggio ha un ritmo diverso nonostante tutti vivano la stessa scena. E di personaggi se ne muovono davvero tanti, ognuno con la propria storia. Storie, che arricchiscono il romanzo. Convinto che le caratteristiche tipiche della provincia siano comuni a tutti, Elia Banelli descrive tanto il Sud quanto il Nord e l’Umbria da cui parte per far ritorno alla sua terra d’origine.
Concepito nel 2015, “quando avevo intenzione di rientrare in Calabria e quindi avevo la necessità di imprimere le emozioni di quel viaggio al contrario”, il romanzo vede la luce un anno dopo. Nato in Umbria e terminato in Calabria. Come Banelli, mezzo sangue.
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