L'intervista al procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini, a margine della presentazione del suo libro "Fai silenzio ca parrasti assai" a Catanzaro Lido
28 agosto 2020 22:06di PAOLO CRISTOFARO
"Violare la legge mafiosa del silenzio, rompendo il muro di omertà e iniziando a pensare ad un futuro per la Calabria senza 'Ndrangheta". Queste le parole che, nel tardo pomeriggio di oggi, al "Kiosko" di Giovino, a Catanzaro Lido, hanno fatto da cornice alla presentazione del libro di Marisa Manzini, procuratore aggiunto di Cosenza, dal titolo "Fai silenzio ca parrasti assai", con la prefazione di Otello Lupacchini. E' questo il messaggio che l'autrice, da anni magistrato in prima fila contro la 'Ndrangheta, ha lanciato nel corso dell'iniziativa voluta fortemente dal poliziotto e sindacalista Giuseppe Brugnano, consigliere comunale di San Luca (RC) e organizzato da Nunzio Belcaro, della Ubik di Catanzaro. All'evento hanno preso parte anche l'onorevole Wanda Ferro (FdI) e l'onorevole Antonio Viscomi (Pd).
"In piena emergenza Covid è di difficile organizzazione una presentazione, ma l'abbiamo voluta con l'amico Nunzio, con cui già abbiamo fatto tante iniziative sulla legalità", ha esordito Brugnano. "Il volume ha un titolo che colpisce molto. E' la frase che il boss mafioso Pantaleone Mancuso, pronunciò contro il pubblico ministero Manzini in una delle udienze. Oltretutto la dottoressa Manzini ha recentemente ricevuto un altro prestigioso incarico, presso il Dipartimento della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, presso il quale ha il ruolo di aiutare la rottura con i simboli cristiani che vengono impropriamente abbracciati dalla criminalità organizzata", ha spiegato ancora Brugnano. "E' un libro già presentato anche nelle scuole, il cui ricavato andrà in beneficenza ad un'associazione per i feriti e le vittime della criminalità nell'adempimento del dovere", ha sottolineato Belcaro.
Ringrazio Brugnano con me sempre molto caro e Nunzio Belcaro per questo incontro importante. Questo libro mi ha dato occasione di parlare con tante persone che veramente hanno dimostrato di essere interessate al fenomeno mafioso e alla lotta alla mafia", ha esordito il procuratore Manzini. "Non basta l'attività repressiva, serve la cultura e la cultura la si fa parlando, la si fa quando cerchiamo di aprirci ad una mentalità diversa, rompendo il muro dell'omertà e violando la legge mafiosa del silenzio", ha detto.
(Da destra: Wanda Ferro, Antonio Viscomi, Marisa Manzino, Nunzio Belcaro e Giuseppe Brugnano)
Un libro profondo, dal punto di vista giudiziario, ma anche e soprattutto umano, quello della Manzini. Particolarmente toccante il momento in cui il magistrato ha raccontato l'episodio, tristissimo, di Santa Buccafusca, moglie del boss Pantaleone Mancuso, della potente cosca di Limbadi (VV), avvicinatasi alla scelta di abbandonare la famiglia e cambiare vita, ma poi morta, circa un mese dopo, uccisa dall'acido muriatico. Ma la Manzini non è ancora convinta dell'ipotesi di un suicidio. "In un momento della sua esistenza una donna di 'Ndrangheta, Santa Buccafusca, aveva pensato ad un futuro senza la mafia. L'avevo conosciuta in Tribunale, era venerata dai mafiosi, perché moglie del boss, ma a lei mancava la libertà. Poi morì tragicamente in circostanze poco chiare", ha spiegato la Manzini.
"Aveva tentato di rivolgersi alla stazione dei Carabinieri di Nicotera per dire che voleva andarsene da quella famiglia. Era arrivata a firmare la prima pagina del verbale, poi però si è bloccata. Ci chiese tempo. Volle tornare a casa e secondo me fu un grave errore", spiega il procuratore. "Ebbe probabilmente paura di un futuro incerto in un luogo lontano e con un bambini piccolo. Ma dopo essere rientrata, un mese dopo, ad aprile 2011, il marito andò ai carabinieri per dire che la moglie si era sentita male, ma in realtà aveva ingerito acido muriatico. Cosa c'è dietro quell'episodio dovremmo ancora scoprirlo. Per sconfiggere la 'Ndrangheta dobbiamo parlare e fare diversamente a quello che la mafia vorrebbe, cioè tacere. Dobbiamo avere il coraggio di rompere il muro del silenzio", ha sottolineato.
(La consegna della targa al procuratore Marisa Manzini)
"Ho sempre stimato Marisa Manzini per le battaglie portate avanti, anche a Vibo Valentia. Io sono stata eletta proprio lì oltretutto", ha spiegato l'onorevole Wanda Ferro. "E' un impegno importante, quello di dare la libertà a persone sottomesse da chi la libertà la vuole togliere. E noi queste battaglie dobbiamo e vogliamo portarle anche in parlamento, dove, una volta arrivati, si vive una grande emozione nel rappresentare la Calabria, ma si è coscienti di dover fare il doppio degli altri per farci valere, per mostrare un volto positivo della Calabria". ha detto. "Bisogna tutelare le battaglie come quelle portate avanti dalla Manzini e alcune cose sono state assolutamente fuori luogo, come la scarcerazione di boss e mafiosi mandati ai domiciliari durante l'emergenza pandemica", ha asserito la Ferro. "E' stato un grave errore e certamente non un atto di giustizia", ha concluso.
"Dobbiamo apprendere dai testimoni di queste storie, come la dottoressa Manzini, quanto più possibile", ha detto invece l'onorevole Viscomi. Leggendo delle due più attuali inchieste di 'Ndrangheta in Calabria, "Imponimento" e "Rinascita-Scott", il fatto che la 'Ndrangheta è mutata rispetto alle mafie di un tempo e non deve trovare continuità né negli ambienti della Chiesa né in quelli importanti delle Istitutizioni", ha continuato. "Fuori dalla Calabria abbiamo un marchio che ci contraddistingue negativamente oltre a quello della mafia: la litigiosità. Riscopriamo la comunità! La 'Ndrangheta non solo spara, ma corrompe. Vive di una cultura del non rispetto delle regole che ci rovina. Il bene comune percepito come bene di nessuno è un gravissimo punto di non ritorno. La forza della 'Ndrangheta è la capacità di relazione, il capitale sociale che si riesce a mettere in campo. La fede, come le Istituzioni dello Stato, devono nettamente essere incompatibili con tutti i messaggi mafiosi. Gli uomini di Chiesa e delle Istituzioni devono quindi essere netti su queste posizioni", ha concluso. In chiusura, alla Manzini, è stata consegnata una targa ricordo.
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