di GIORGIA RIZZO
Rende, Università della Calabria, cubo 12C. In un freddo e apparentemente anonimo venerdì di dicembre un trentenne fuoricorso apre lo studio del professor De Vitis, ordinario di diritto penale comparato, ritrovando il corpo del docente senza vita.
Da questo evento enigmatico prende avvio la trama di "Mistero al cubo", il nuovo romanzo firmato dal collettivo di scrittori Lou Palanca, edito Rubbettino, presentato oggi per la prima volta al Museo del Presente di Rende. A discuterne gli autori Valerio De Nardo e Nicola Fiorita, l'assessore alla cultura Marta Petrusewicz, l'editore Antonio Cavallaro, il docente Unical Domenico Cersosimo, e la giornalista Simona De Maria nelle vesti di relatrice.
Tutti i personaggi, vere e proprie figure tipo della comunità accademica, abbruttiti da angosce e inquietudini personali, si aggirano all'interno di una grande cornice color mattone, quella del Campus di Arcavacata e dei suoi dintorni, dove si dipana la matassa intricata e misteriosa del giallo.
Ma è proprio il contesto del romanzo a farla da protagonista. Un sogno tradito, quello del grande polo universitario nato dal nulla, nuovo motore culturale che rinnovasse tutta la regione, o forse solo rattrappito, ridimensionato. Costretto alla normalizzazione, portato con i piedi per terra, definanziato a seguito del susseguirsi di riforme universitarie culminate con la riforma Gelmini, tanto osteggiata proprio dagli studenti dell'Unical durante il movimento dell'Onda.
Tutto intorno una feroce espansione urbanistica fatta di palazzoni con balconi colorati e happy hour per le matricole, locali e strade periferiche isolate e poco illuminate, a cui si stenta a dare una chiara identità di zona universitaria.
Così risulta il campus di Arcavacata, su carta come nella realtà, descritto con trasporto emotivo da chi lo attraverso da tempo e l'ha visto cambiare, ridurne gli spazi e le spinte al confronto, esaurirne il senso di comunità al suoi interno.
Attraverso la sua penna, Lou Palanca, con il suo ultimo lavoro ad una prima occhiata meno impegnato, lancia una provocazione, riaprendo un dibattito culturale e civile.
Chissà cosa avrebbero detto Andreatta e Bucci, insieme agli altri maestri del 70 arrivati in Calabria con il sogno della cultura e della formazione come motivo di cambiamento, della situazione attuale.
Una storia di fantasia ci interroga quindi su una realtà, lasciandoci il sapore amaro di un sogno passato, da rinnovare.
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